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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Bari antifascista ricorda Benedetto Petrone

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BariToday

La vicenda di Benedetto «Benny» è tornata alla luce dopo un trentennio di sostanziale oblio: in occasione del trentennale, nel 2007 e, fin da subito ci è apparsa una "comparsata" a fini elettorali finalizzata, in ultima analisi, ad offuscarne i contorni. Per Benny, nonostante le molteplici testimonianze che parlavano di un branco, l'unico condannato fu il giovane missino Franco Piccolo, morto successivamente in carcere. Perché le nebbie delle mancate verità giudiziarie sui delitti fascisti a Bari come nel resto d'Italia sono state tantissime a partire da una delle prime stragi di Stato - quella del 28 luglio 1943 all'indomani della caduta, politica, di Mussolini - quando i fascisti spalleggiati dall'esercitò spararono per uccidere su una manifestazione che chiedeva la liberazione dei prigionieri politici fascisti. I primi spari arrivarono dalle finestre della sede fascista di via Nicolò Dall'Arca e mai nessuno ha indagato fino in fondo per punire i responsabili. La vulgata degli anni successivi all'omicidio di Benedetto tentò (com'è accaduto per casi analoghi in Italia) di consegnare l'agguato mortale a una rissa tra opposti estremismi, in cui teste calde si affrontavano sullo sfondo di una città tutto sommato tranquilla ed estranea alla violenza. Non era così: numerosi furono i dossier pubblicati che minuziosamente elencavano le violenze quotidiane dei missini in città, con vittime semplici passanti o militanti rei di passare in una particolare strada. Franco Intranò, che fu accoltellato quella sera insieme a Benny, lo raccontò in occasione del trentennale: "Quella sera tra le 19 e le 20 dalla Cattedrale ci muovemmo in gruppo per raggiungere altri amici che provenivano da piazza Garibaldi. Attraversammo piazza Chiurlia fino ad arrivare davanti al teatro Piccinni. Qui, mentre stavamo tornando a Bari vecchia, fummo aggrediti da quaranta persone con il volto coperto. Nella fuga generale Benedetto, che aveva problemi di deambulazione, rimase indietro e io fui l'unico a correre in suo aiuto. Nel difenderlo fummo colpiti da più mani, ma la magistratura ha fatto in modo che la responsabilità cadesse solo su Piccolo, dato poi per pazzo in giro per i manicomi d'Europa".
Anche quest'anno - esattamente come accadde 36 anni fa - ci saranno due commemorazioni: la prima - pomposa e ufficiale - delle onnipresenti autorità che ripeteranno, stancamente, la solita litania: Benedetto Petrone fu assassinato da un branco di fascisti. Esattamente il contrario di quanto l'omologo grappolo di autorità (sinistra compresa) preferì sostenere nei palazzi (al riparo dalle manifestazioni di piazza) l'anno dell'assassinio.
La seconda della, cosiddetta, sinistra antagonista e conflittuale che ribadirà quanto già detto all'indomani dell'omicidio: lo Stato attraverso la magistratura e con il tacito consenso della sinistra "ufficiale" e benpensante (ovvero la stessa che oggi, ipocritamente, lo commemora) ha fatto in modo che la responsabilità cadesse solo su Piccolo tralasciando di indagare sia sul clima di intimidazione precedente l'omicidio sia sul branco che, successivamente, compì impunemente altre aggressioni.
E' superfluo ribadire che l'Unione Sindacale Italiana sta con questi ultimi.
Di seguito il comunicato del comitato antifascista pugliese al quale l'USI-AIT Puglia aderisce.

benedetto

Il 28 novembre di 36 anni fa moriva Benedetto Petrone. Studente e operaio di Bari vecchia caduto sul lastricato di quelle strade che aveva percorso sin da bambino, per mano di una squadraccia fascista. A commissionare quell'omicidio furono coloro che, con lo squadrismo e la repressione, volevano conservare i loro privilegi e soffocare il movimento che, nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche e nei quartieri, riaccendeva il conflitto e si riprendeva diritti, spazi e vita. Quel giorno di 36 anni fa ha lasciato un segno indelebile nella città di Bari. Una data che è stata capace di superare cambi generazionali, la nascita e la fine di movimenti, il revisionismo storico, il qualunquismo dilagante, 20 anni di degrado politico e morale dell'era berlusconiana, fino ad arrivare alla politica delle lobby delle banche e dei grandi affari. Una data che è stata capace di unire le lotte, di riportare nelle piazze e nelle strade quella Bari che non abbassa la testa e che, davanti alle ingiustizie, sceglie di dar battaglia, da sempre schierata dalla parte dei più deboli. Nel momento di massimo scollamento tra la politica istituzionale e la realtà sociale, sempre più spesso il disagio rifiuta il meccanismo della rappresentanza e sceglie di autorganizzarsi, di elaborare in autonomia forme e tempi di lotta, di rifiutare la contrattazione istituzionale come unico sbocco delle proprie istanze. La manifestazione del 19 Ottobre ne è la più recente testimonianza: movimenti per la tutela del territorio, lavoratori, migranti, e parti sociali hanno invaso le strade della Capitale. Anche nella Puglia migliore di Vendola si moltiplicano le esperienze di lotta: dalla vertenza operaia e ambientale dei cittadini di Taranto, alla lotta dei migranti contro lo sfruttamento del lavoro stagionale, contro la violazione del diritto internazionale sull'accoglienza, contro le condizioni di detenzione nei CIE, nella lotta per il diritto alla casa. Tutte vertenze che anche la nostra città ha imparato a conoscere e praticare da qualche anno, così come da qualche tempo a questa parte il 28 Novembre cerca di essere, oltre che una data commemorativa, un momento di raccordo ed espressione di tutte le realtà in lotta presenti sul nostro territorio. Nell'anniversario della morte per aggressione fascista di Benedetto Petrone, i collettivi in lotta di Bari rivendicano la libera necessità di aggregazione e resistenza ai tentativi repressivi delle istituzioni; contro l'ordinanza anti-bivacco nelle piazze, rivendica la necessità sociale di vivere gli spazi cittadini senza restrizioni dal sapore nostalgico. Il 28 novembre reclamiamo il diritto ad essere libere/i cittadini antifascisti che difendono, sia una piazza o una valle, il diritto a vivere i propri territori liberi dal ricatto occupazionale e dal disastro ambientale. A chi si ostina a credere che parlare dei fascisti e della loro violenza (quando tutelati dai padroni e compari in divisa) sia anacronistico, ahi noi rispondiamo che di fascismo si muore ancora. Poco più di un mese fa un commando di Alba Dorata uccide il compagno Pavlos Fyssas, mentre a Parigi a soli 18 anni muore Clemènt! Nella città dove non è possibile guardare con "aria di sfida", vengono concessi spazi di aggregazione (pubblici e non) ai neonazisti nostrani che, per non essere da meno, lo scorso novembre organizzavano un agguato a quattro compagne/i in piena Bari Vecchia con mazze e cinte alla mano. Affinchè non gli sia concessa la possibilità di girare impuniti per la nostra città.
Per l'immediata chiusura dei covi fascisti
Per il diritto alla casa Per la tutela ambientale dei nostri territori
Per la libera circolazione degli individui
Contro il razzismo e l'omofobia
Contro le carceri, i C.I.E. e la repressione Contro le politiche di austerity e il governo delle lobby e delle banche

INVITIAMO TUTTE/I I CITTADINI LIBERI E ANTIFASCISTI ALLA MANIFESTAZIONE DEL 28 NOVEMBRE 2013 IN PIAZZA UMBERTO ORE 18:30 CON BENEDETTO PETRONE NEL CUORE

Comitato Antifascista

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