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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Per 25 giorni nel letto d'ospedale, Enrico e l'incubo del Covid: "I medici mi hanno ridato la vita. A tutti dico: rispettate le regole"

La terribile esperienza di un paziente e la richiesta cittadini di rispettare le regole di distanziamento sociale ed evitare i contagi anche per non far andare al collasso il sistema sanitario, già duramente provato dall'epidemia

Venticinque giorni difficili, ricoverato nel reparto Covid del Policlinico di Bari, per poi superare i momenti più complicati grazie alla forza e all'indispensabile assistenza di medici e operatori: è la storia di Enrico, tornato a casa dopo un un incubo durato quasi un mese e che gli ha portato via la madre "senza che alcun affetto familiare abbia potuto accompagnarla nel trapasso". 

Enrico, 62 anni. racconta la sua terribile esperienza, chiedendo ai cittadini di rispettare le regole di distanziamento sociale ed evitare i contagi, per non rischiare la vita e non far andare al collasso il sistema sanitario, già duramente provato dall'epidemia: "La costrizione di vivere un periodo più o meno lungo, di ristrettezza in termini di libertà di circolazione - dice -, credetemi, non può reggere il confronto con un periodo di 24/25 giorni vissuti in uno spazio di 1 metro per 2 di un letto nel quale sei bloccato da apparecchi per la ventilazione forzata, da elettrodi di rilevamento cardiaco, da pinze alle dita per il controllo della saturazione dell’ossigeno, rilevatori di pressione sanguigna. Giorni di aghi nelle braccia che ti iniettano farmaci utili a gestire il metabolismo che - in quelle circostanze - perde le sue normali funzioni, farmaci utili a tenere sotto controllo le infiammazioni polmonari. Sei praticamente sempre sveglio perché le terapie sono attive durante tutto l’arco delle 24 ore, e non sei sedato, ed il tuo riposo si riduce a 2/3 ore totali al giorno. Bisogna considerare anche che le possibilità di movimento, si riducono a piccolissimi spostamenti dei singoli arti, con il solo aiuto di un letto che può essere ergonomizzato e che dà dolori fastidiosissimi da posture viziose".

Un mese passato in un vero e proprio 'fronte' di guerra sanitaria, tra "le urla, i pianti le richieste di aiuto che giungono da ogni dove, il via vai dei medici e degli infermieri che senza volto e senza sosta soccorrono pazienti o trasportano cadaveri senza mai perdere la pazienza o stimoli nella ricerca.  Nel percorso terapeutico, il timore di non potercela fare è costante; soprattutto quando – nel mio caso – i medici si sono arenati di fronte ad un blocco delle capacità di ripresa del polmone destro, che non era in grado di poter rispondere a sufficiente attività tanto da impedire lo scambio gassoso necessario ad una normale ossigenazione del sangue".

La svolta per Enrico è arrivata proprio la domenica di Pasqua quando i medici avrebbero provato a cambiare il piano terapeutico aumentando la dose dell'anticoagulante eparina. Il prelievo successivo di emogas ha poi confermato che i valori dell'ossigeno nel sangue erano notevolmente aumentati. Enrico è così migliorato giorno dopo giorno: prima i medici gli hanno eliminato la maschera chip-up, che crea lesioni al setto nasale, indossando alcuni 'occhialini' meno invasivi, quindi dopo alcuni giorni, è stato trasferito in un reparto meno intensivo, per poi fare ritorno, dopo alcune settimane, a casa.

"Lo staff di medici, infermieri, OSS, ausiliari e personale addetto ad altri ruoli - sottolinea con commozione e gratitudine Enrico -, ha una efficienza degna di lode non solo in termini medico scientifici, ma anche umani, in grado di condividere con te, gioie e dolori; riescono a farti sopportare meglio la condizione di disabilità regalandoti affetto quasi familiare, pur nel disagio operativo, rischiando la propria vita, per salvare la tua". "Spero vivamente - rimarca - che, la direzione sanitaria del Policlinico di Bari, nonché la Regione Puglia, nella persona del governatore Michele Emiliano, prendano atto del valore medico scientifico" delle persone che lo hanno aiutato, con "una consapevolezza che non può risolversi solo con elogi per l’impegno di questi momenti, ma che deve essere espressa applicando nei loro confronti una meritocrazia onesta e convalidata da migliori condizioni economiche.Questa non vuole essere una dichiarazione personale ma, il pensiero di chi come me ha vissuto la stessa esperienza".
 

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