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Cronaca Murat

Il Margherita decadente anche nella comunicazione

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BariToday

È questa la cifra della comunicazione cittadina? Della bellezza delle forme visive della città di Bari? Se fossi un turista e domenica sera avessi fatto un giro per il centro murattiano e avessi visto questo (i miei occhi sono quelli di una persona abituata a viaggiare e dunque ad apprezzare le varie forme di estetica urbana dei territori) un minimo mi sarei chiesta se esista qualcuno (in questa città) che curi l'immagine dei monumenti, delle opere d'arte, dei palazzi storici, dei musei e delle attrattività 'turistiche' di Bari. La prima impressione è quella di sciatteria.

Dove alloggia il desiderio di bellezza? E soprattutto dove dimora il senso di armonia? Bari è una città sul mare che dialoga poco con il mare. È una città di mare senza marinai. Una città di intellettuali senza biblioteche. Una città di teatri senza musei di arte contemporanea. Eppure siamo - ancora - in Europa. L'Europa è ricca di spazi dedicati all'arte, non foss'altro per attirare turisti e per creare un indotto economico che rappresenti anche l'industria culturale. Che ne è della politica come orientamento delle coscienze collettive? Possibile che sia così impegnata a sopravvivere a se stessa (quando ne è in grado) per aver dimenticato che il consenso si crea soprattutto su quello che è in grado di donare alla comunità?

Il Teatro Margherita, crocevia di idiomi, etnie, religioni e identità non riesce ad averne una. Inutili i tentativi di questi anni di connotarlo come un contenitore di conoscenze, una sorta di sonda nel mondo alla ricerca di ricchezze culturali da esportare sul nostro perimetro locale: il Comune da anni ha tentato di attribuirgli un ruolo, che è quello di costruttore di esperienze e aspirazioni di respiro internazionale, di connotarlo positivamente come scambio culturale di generazioni in movimento mentre la crisi attanaglia anche i sogni. Portare a Bari quello che accade nel pianeta per sviluppare nuove fusioni intellettuali e dare vita a una visione civica di ispirazione globale salvaguardando i preziosismi localistici. E mentre è accaduto che il Teatro Margherita all'estero è stato visto con uno sguardo attento e curioso verso questa sfida culturale, in città è accaduto che "il rudere" (come in molti lo hanno definito) non ne hanno letto la poesia. Hanno tentato di derubricarlo a mero tentativo di esercizio di stile, o un potentato nelle mani non si è capito bene di chi. Un dibattito pubblico acceso quello che ha coinvolto il teatro-palafitta: perché poi, se si tratta di "un rudere".

La verità è che la storia di questo luogo racconta la cifra dell'identità barese.

Se fino a qualche anno fa (il 2009, per l'esattezza) questo teatro era rilegato a impalcatura per i pannelli pubblicitari, poi è diventato il nord dell'arte contemporanea della Puglia, si è lanciato nel panorama delle esperienze più ambite tanto da aver rapito le attenzioni di Achille Bonito Oliva e di artisti e di architetti di fama mondiale, ed è divenuto campo di contesa tra istituzioni. Conclusione? Oggi giace così. Con un pannello decadente sulla facciata principale. Certo, estremizziamo.

Il Margherita - di cui il Comune non era proprietario - lo ha permutato l'anno scorso, ma la sensazione è che l'abbia dimenticato a se stesso. Fino a qualche tempo fa la facciata del teatro e l'allestimento grafico che lo delimita dialogavano armonicamente con immagini coordinate. Oggi vediamo che la comunicazione dell'ultima mostra è decadente, rivela quella di una vecchia mostra (dell'anno scorso addirittura) e i pannelli che lo circondano raccontano addirittura il Bifest. Insomma, il Margherita come non lo avevate mai visto. Almeno non così decadente. Tanta sciatteria come sarà interpretata dai turisti che i candidati a sindaco di Bari vorrebbero tradurre in città?

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