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Cronaca

Inchiesta escort: Berlusconi indagato a Bari, i dubbi del pm

Per il pm Pasquale Drago, che cura il fascicolo, i gravi indizi di colpevolezza a carico del faccendiere Lavitola non vi sarebbero mentre quelli a carico dell'ex premier sarebbero insussistenti

Aumentano col passare del tempo i dubbi della procura di Bari sulla sussistenza del reato di induzione a mentire all'autorità giudiziaria ipotizzato a carico di Valter Lavitola e Silvio Berlusconi. Il pm Pasquale Drago, che cura il fascicolo, ritiene ancora oggi, nonostante la pronuncia contraria di tre giudici (il tribunale di Riesame di Napoli, il gip e il tribunale della Libertà di Bari), che i gravi indizi di colpevolezza a carico del faccendiere non vi siano e che gli stessi siano insussistenti per l'ex premier.

Sarà la Cassazione a dirimere la controversia giuridica il 27 aprile, quando sarà discusso l'appello della difesa di Lavitola che ha chiesto l'annullamento dell'arresto dell'ex direttore dell'Avanti!. Questi è accusato, in concorso con Berlusconi, di aver indotto Gianpaolo Tarantini, in cambio di almeno 500mila euro, a mentire negli interrogatori del 29 e 31 luglio 2009 ai pm che indagavano sulle escort che Gianpi ha portato a casa dell'allora premier, tra il 2008 e il 2009. Fatti sui quali indaga anche la procura di Roma che ritiene, limitatamente al periodo marzo-luglio 2011, che Lavitola, Tarantini e la moglie di quest'ultimo, Nicla Devenuto, abbiano estorto danaro a Berlusconi (che qui sarebbe parte lesa) in cambio delle menzogne dette alla procura di Bari.

La tesi del pm Drago contrasta dunque con la ricostruzione dei giudici del Riesame di Napoli (che hanno stabilito la competenza della procura di Bari ad indagare), secondo cui Lavitola è stato l'intermediario tra Berlusconi e Tarantini e, "pur essendo intervenuto in una fase successiva al perfezionamento del reato (un anno dopo gli interrogatori di Tarantini, ndr), ha continuamente fornito un prezioso ed insostituibile contributo affinché la promessa di Berlusconi, nella fase attuativa, fosse effettivamente mantenuta"; Lavitola ha quindi garantito, con le continue consegne di danaro da parte del premier (almeno 500mila euro), "la conservazione della sua efficacia persuasiva nei confronti del Tarantini, in vista delle successive occasioni" in cui l'imprenditore barese "sarebbe stato chiamato a rendere dichiarazioni" alla magistratura. Le divergenze tra pm e giudici sono soprattutto in diritto e riguardano proprio la contestazione del reato di induzione a mentire. Tutti i magistrati condividono però due certezze: che Tarantini ha mentito e che Berlusconi sapeva che le ragazze della scuderia dell'amico Gianpi erano escort. Ma mentre il pm Drago sostiene che quando Tarantini ha detto che Berlusconi non sapeva che quelle donne erano prostitute ha riferito il falso su una circostanza "non penalmente rilevante", i giudici ritengono che qualsiasi dichiarazione mendace, anche su circostanze penalmente irrilevanti, implichi il reato di induzione a mentire. Sul perché le bugie di Tarantini non siano penalmente rilevanti, Drago lo spiega affermando che non hanno inciso sul processo escort perché alla procura di Bari era noto che il premier sapeva di avere rapporti con prostitute. Su queste divergenze la difesa di Lavitola giocherà ora le sue carte in Cassazione.

Nel fascicolo d'inchiesta Berlusconi-Lavitola sono state riversate anche le intercettazioni tra Tarantini e le escort che hanno passato la notte col premier dalle quali è provato - secondo l'accusa - che Berlusconi sapeva che quelle donne erano prostitute e, per questo, ha dato loro del danaro. C'é ad esempio l'intercettazione tra Gianpi e Patrizia D'Addario, che riferisce all'amico che l'allora premier si è impegnato ad aiutarla politicamente per il rilascio delle autorizzazioni per la costruzione di un residence a Bari. Dice Tarantini: "Mi dispiace che non hai preso niente, però guarda che è la prima volta che succede, io avrò portato cento donne!". (...) D'Addario: "Beh, a tutte ha lasciato la busta". T: "A tutte!" D'A: "Cinquemila euro?" T: "A chi cinque a chi dieci, a chi tre, a chi 15, a chi 20, a chi ha regalato la macchina". Alle 5.22 del 6 settembre 2008 Vanessa Di Meglio invia un sms a Gianpi: "Chi paga? Chiediamo a lui o a te?". Alle 10.39 Tarantini la chiama e dopo essersi informato sul buon andamento della nottata alla quale avevano partecipato Di Meglio e altre ragazze, chiede: "Ti ha fatto il regalo? E la giovane risponde: "Si, ma loro hanno chiesto, io no!".

(ANSA)

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