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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Inchiesta Lavitola: Tarantini interrogato a Bari, ma non risponde ai pm

Per la prima volta Gianpaolo Tarantini ha deciso di non rispondere alle domande di un pubblico ministero. Nell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex direttore dell'Avanti Lavitola l'imprenditore è parte offesa

Per la prima volta Gianpaolo Tarantini ha deciso di non rispondere alle domande di un pubblico ministero. Lo ha fatto davanti al procuratore aggiunto Pasquale Drago, che accusa Valter Lavitola e Silvio Berlusconi di aver istigato Tarantini a mentire ai pm di Bari che indagavano sulle escort che Gianpi ha portato tra il 2008 e il 2009 nelle dimore dell'allora capo del governo. L'interrogatorio - a detta dei legali di Tarantini, Alessandro Diddi e Ivan Filippelli - è stato secretato dal pubblico ministero. E' "secretatissimo" hanno 'confessato' i difensori di Gianpi ai cronisti presenti fuori dalla caserma dei carabinieri di via Tanzi, a Bari, dove si è svolta l'audizione. Ma col passare delle ore si è avuta la conferma che Gianpi si sia avvalso della facoltà di non rispondere essendo non un semplice testimone ma un indagato in un procedimento connesso, quello sulle escort, per il quale la procura pugliese ha chiesto di recente il processo per otto persone - tra cui Tarantini e l' 'ape regina' Sabina Began - accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all'induzione, al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione. La decisione di non rispondere al pm deriva dal fatto che l'imprenditore di Giovinazzo (Bari) vuole evitare nuove beghe giudiziarie, dato che ogni volta che decide di rispondere alle domande dei pubblici ministeri finisce nei guai. Poiché in questa vicenda è parte offesa, i suoi legali gli hanno consigliato di non parlare, anche perché il 27 aprile scorso la Cassazione ha confermato la validità delle contestazioni accusatorie che hanno portato all'arresto di Lavitola per il reato di induzione a mentire. Reato al quale il pm Drago continua sembrerebbe non credere, nonostante le opposte valutazioni del tribunale del Riesame di Napoli, del gip e del tribunale del Riesame di Bari convalidate ora dalla Cassazione. Confermando l'arresto di Lavitola per i fatti baresi, la Suprema Corte ha affermato che "l'assunto accusatorio" appare "sorretto da idonea e congrua motivazione e tale condotta integra la fattispecie criminosa contestata". L'ex direttore dell'Avanti! è accusato, in concorso con Berlusconi, di aver indotto Tarantini, in cambio di almeno 500mila euro, a mentire negli interrogatori del 29 e 31 luglio 2009 ai pm che indagavano sulle escort che Gianpi ha portato a casa dell'allora premier. Fatti sui quali indaga anche la procura di Roma che ritiene, limitatamente al periodo marzo-luglio 2011, che Lavitola, Tarantini e la moglie di quest'ultimo, Nicla Devenuto, abbiano estorto danaro a Berlusconi (che nella capitale è parte lesa) in cambio delle menzogne dette da Tarantini alla procura di Bari: cioé che Berlusconi non sapeva che le donne della sua scuderia fossero prostituite.

(ANSA)

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