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Cronaca Bitonto

Omicidi di mafia a Bitonto, tre arresti nel clan Strisciuglio

Sarebbero gli autori di due delitti e di un tentato omicidio avvenuti nel 2007 nell'ambito della faida Strisciuglio-Conte. Due degli arrestati sono accusati dell'uccisione di un loro stesso complice, ritenuto ormai "inaffidabile", i cui resti sono stati ritrovati nelle campagne di Bitonto a luglio scorso

Due delitti, due omicidi di mafia consumati nell'ambito guerra tra clan per conquistare la piazza dello spaccio di Bitonto. Da una parte i Conte-Cassano, gruppo malavitoso attivo a Bitonto, dall'altra il clan barese degli Strisciuglio, che cerca di estendere la propria influenza a nord del capoluogo. E' l'estate 2007, e nel giro di pochi giorni, a luglio, gli affiliati del clan Strisciuglio portano a compimento due esecuzioni. La prima, la sera del 20 luglio 2007, per eliminare due esponenti di spicco del clan rivale. La seconda, ancora più terribile, qualche giorno dopo, per far fuori uno degli stessi affiliati agli Strisciuglio, che ha partecipato al primo agguato, ritenuto ormai "inaffidabile" dai suoi stessi complici.

A sei anni dai fatti, i carabinieri hanno chiuso il cerchio su quei due omicidi, arrestando su disposizione della Dda di Bari, tre persone: il 24enne Giuseppe Digiacomantonio, Salvatore Ficarelli di 27anni e Giosuè Perrelli, di 32 anni. I tre, ritenuti vicini al clan Strisciuglio e al momento dell'arresto già detenuti per altri reati, sono accusati a vario titolo di omicidio, tentato omicidio, occultamento di cadavere, porto e detenzione di armi, ricettazione con l’aggravante di aver agito mediante l’eliminazione fisica di presunti appartenenti a gruppi criminali avversari al fine di agevolare l’attività dell’associazione per delinquere di stampo mafioso degli Strisciuglio.

L'OMICIDIO NAPOLI - E' il pomeriggio del 20 luglio 2007. Domenico Conte, capo dell'omonimo clan bitontino, e il 29enne Vito Napoli, elemento di spicco dello stesso clan mafioso, sono a bordo di due scooter, in via Amendolagine a Bitonto.  I due vengono affiancati da una Fiat Uno con a bordo quattro individui. L'auto li insegue, i sicari esplodono una raffica di colpi di mitraglietta contro i due sorvegliati speciali. Conte, vero obiettivo del commando, riesce a sfuggire all'agguato. Sull'asfalto resta invece Vito Napoli, colpito a morte dalla pioggia di proiettili. A bordo di quell'auto, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, ci sono quattro affiliati al clan Strisciuglio: Digiacomantonio e Ficarelli (due dei tre arrestati), Giuseppe Ladisa (morto suicida nel carcere di san Severo nel 2009) e il 29enne Giuseppe Dellino, alla guida dell'auto, che sarà poi eliminato pochi giorni dopo dai suoi stessi compagni.

L'ELIMINAZIONE DI DELLINO - Nel giro di breve tempo, i carabinieri riescono ad individuare l'auto usata per l'agguato. E' intestata a Giuseppe Dellino, uno dei componenti del gruppo di fuoco. I carabinieri si mettono sulle tracce del 29enne, così  gli stessi esponenti del clan Strisciuglio decidono di far sparire Dellino. Il 29enne è ritenuto "inaffidabile". E' considerato un "debole" (il giovane, tra l'altro, è malato di sclerosi multipla), i suoi sodali temono che possa parlare, raccontare tutto sull'agguato del 20 luglio.  Così matura la decisione di eliminarlo fisicamente. Ad ordinare la sua uccisione è il 'referente' degli Strisciuglio sulla zona di Bitonto, poi diventato collaboratore di giustizia. E' lui ad aver ordinato anche l'agguato in cui resta ucciso Vito Napoli. Ed è proprio la sua testimonianza che aiuta i carabinieri a chiudere il cerchio sulle indagini. I "ragazzi", racconta il collaboratore di giustizia agli investigatori, non si fidavano, ogni giorno "mi chiedevano, che cosa dobbiamo fare? Che cosa dobbiamo fare? Lo dobbiamo far sparire". Così Dellino viene preso, portato in un casolare nelle campagne tra Palombaio e Bitonto, e ucciso con un colpo di pistola alla testa. Ed è qui che entra in scena il terzo arrestato, Giosuè Perrelli, uomo di fiducia del 'capo'. Insieme a Digiacomantonio si occupa di uccidere Dellino e ne occulta il corpo, gettandolo nel pozzo dove poi è stato ritrovato soltanto il 13 luglio di quest'anno.  Una decisione spietata, raccontata, dicono gli investigatori, in maniera sofferta dallo stesso mandante. Che riferisce anche di come, nei mesi seguenti, la madre del 29enne continuerà a chiedere inutilmente a lui e agli stessi 'amici' del figlio che fine abbia fatto il ragazzo.

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