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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Usura ed estorsione, a processo undici presunti affiliati al clan Parisi

Per gli imputati la Procura di Bari ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato. Numerosi gli episodi contestati relativi agli anni dal 2002 al 2010. Nel mirino soprattutto imprenditori edili di Japigia e Triggiano

Giudizio immediato nei confronti di 11 presunti affiliati al clan Parisi accusati di usura ed estorsione. La richiesta, avanzata dalla Procura di Bari, è stata accolta e il processo inizierà il prossimo 6 febbraio dinanzi ai giudici della seconda sezione collegiale del Tribunale di Bari.

Agli imputati - tra cui figurano i pregiudicati baresi Eugenio Palermiti e suo figlio Giovanni, e Vito Parisi, cugino del boss Savinuccio - sono contestati numerosi episodi ai danni di imprenditori locali, negli anni dal 2002 al 2012. A tutti è contestata l'aggravante dell'articolo 7, l'utilizzo del metodo mafioso. "Le persone offese (ovvero gli imprenditori taglieggiati dai presunti affiliati al gruppo criminale, ndr) hanno dimostrato - scriveva il giudice nell'ordinanza di arresto del maggio scorso - di essere state per anni in una condizione di assoggettamento psicologico".

Nel mirino dei taglieggiatori finivano soprattutto gli imprenditori edili della zona di Triggiano e del quartiere Japigia. Secondo quando ricostruito dalle indagini, i clan operanti in questi territori utilizzavano il prestito a usura come "strumento" per "investire" il denaro proveniente dal traffico di droga. Gli imprenditori edili erano costretti a pagare interessi che andavano dal 35 al 133%, ma venivano anche obbligati ad assumere alcune persone con un salario mensile di mille euro, senza che queste dovessero mai andare a lavorare.

Nell'ambito di questa indagine il capoclan Savinuccio Parisi a luglio scorso è stato condannato con rito abbreviato a 4 anni e 8 mesi di reclusione.  Il boss fu arrestato il 20 dicembre 2012 con l'accusa di essere intervenuto per mettere fine alle richieste di soldi a due imprenditori da parte di pregiudicati, affiliati al suo clan, fatte quando lui era detenuto. In cambio le presunte vittime dell'estorsione gli avrebbero dato gioielli del valore di 100 mila euro.

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