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Giovedì, 18 Aprile 2024
Economia

Fiera del Levante, gestione ai privati: sì alla proposta di "Bologna Fiere"

Via libera dei soci fondatori alla proposta presentata dalla cordata composta Camera di Commercio di Bari e Bologna Fiere per la gestione di 90mila metri quadri. Ma sull'operazione non mancano le polemiche: nel mirino il basso canone annuo e la presenza della Cdc barese nel gruppo

La privatizzazione della Fiera del Levante prende corpo. Nella giornata di ieri i soci fondatori dell'ente hanno dato il via libera alla proposta di gestione - l'unica pervenuta attraverso un bando che si è chiuso lo scorso 20 aprile - avanzata da una cordata composta da CdC di Bari, Fiere di Bologna-Ferrara e Sogecos spa (controllata di Bologna Fiere per la quale organizza gli eventi Cosmoprof e Cosmofarma).

LA PROPOSTA DI GESTIONE- Con il sì del Consiglio generale si apre dunque la fase conclusiva della trattativa, che potrebbe tuttavia durare diversi mesi. Il piano presentato prevede che, a partire dal  2016 e per 60 anni, la società "dedicata" che sarà costituita tra i tre soggetti della cordata, gestisca circa un terzo del quartiere fieristico (un'area di circa 90mila metri quadrati) per l'organizzazione di rassegne fieristiche. L'accordo prevede che il canone da corrispondere alla Fiera sia individuato nella maggiore somma tra il 20% degli utili e il 2% del fatturato, da aggiungere ad un importo minimo di 100mila euro all'anno. La società investirà inoltre una somma di circa 3 milioni di euro nella ristrutturazione degli immobili. Previsto anche il riassorbimento di 24 dipendenti.

LA SITUAZIONE DELL'ENTE - Nel corso del Consiglio generale è stata esaminata anche la situazione economico-finanziaria dell'ente, che per la prima volta dopo tempo presenta segnali positivi. Sotto la guida del presidente Ugo Patroni Griffi, nominato nel luglio 2013, il margine operativo lordo negativo è sceso da 2,9 milioni del 2012 a 176.000 nel 2014 e, per la prima volta dopo 15 anni, per il 2015 c'è una previsione positiva di 300mila euro.

IL RUOLO DELLA CAMERA DI COMMERCIO E LE POLEMICHE - Al centro delle polemiche è finita però la presenza, nella cordata, della Camera di Commercio di Bari, che si trova così nel doppio ruolo di finanziatore della privatizzazione e di socio fondatore (gli altri sono Regione, Comune e Città metropolitana). Per evitare conflitti di interesse, è stato stabilito che siano apportate delle modifiche per estromettere la Camera di Commercio dai successivi passaggi della trattativa, ma le perplessità restano. Antonella Laricchia, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, parla di vera e propria "svendita" della Fiera: "Capofila della nuova gestione, guarda caso - attacca Laricchia - sarà proprio quella stessa Camera di Commercio di Bari al contempo proprietaria, co-artefice della sua conduzione in perenne calo negli ultimi anni e protagonista della privatizzazione della gestione". "Come già annunciato ribadisce la consigliera pentastellata - ho inviato l'esposto in cui abbiamo fatto emergere le parti poco chiare della procedura, giunta oramai alla sua fase conclusiva. Saranno la Procura di Bari, la Corte dei Conti e la Guardia di Finanza a valutare se lo svolgimento di questa vicenda sia stato regolare o meno".

“Il colpo di coda è riuscito: le rassegne della Fiera del Levante verranno gestite in palese conflitto di interessi dal gruppo capitanato dalla Camera di Commercio di Bari, socio dell’ente stesso. Se la suona e se la canta, alla faccia dei pugliesi”, dichiara in una nota il consigliere regionale di Forza Italia, Nino Marmo. “L’avevamo detto – aggiunge - e avevamo ragione. Un’operazione perfetta al prezzo ‘offerta’ di 100 mila euro l’anno per 90 mila metri quadrati di superficie. E non ce ne sarà per nessuno, visto che anche la durata della concessione è extra-ordinaria, ovvero 60 anni. Geniale davvero, non si poteva partorire niente di meglio per continuare a gestire con sciatteria un ente che rappresentava, anni orsono, un fiore all’occhiello della Puglia. Non ci rincuorano affatto anche le ‘rassicurazioni’ di chi corre ai rimedi a danno già fatto, ipotizzando di modificare lo statuto della Fiera per privare del diritto di voto i soci che partecipano ai bandi di valorizzazione. I responsabili di questa trovata hanno una responsabilità oserei dire ‘dolosa’, perché non solo li avevamo avvertiti; ma avevamo anche proposto una soluzione, depositando un disegno di legge per l’istituzione di una fondazione che avrebbe gestito e valorizzato il bene. Che dire, un capolavoro – conclude Marmo - di cui ovviamente ci si pentirà, quando le condizioni del mercato muteranno, come è nell’ordine delle cose, e quel canone annuo risulterà ancor più ridicolo di quanto non appaia già oggi”.
 

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