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Sabato, 20 Aprile 2024
Economia

Fonderie Meridionali, la proprietà annuncia la chiusura: "Cento operai senza lavoro e senza tutele"

La società ufficializza la decisione di chiudere lo stabilimento barese: già presentata la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Futuro nero per i lavoratori: "In queste condizioni non ci sono neppure i presupposti per il ricorso agli ammortizzatori sociali"

Da qualche settimana presidiavano i cancelli, preoccupati per il futuro del loro stabilimento, chiedendo chiarezza alla proprietà sul destino della fabbrica. Ma i timori degli operai della Fonderie Meridionali si sono materializzati due giorni fa, quando durante un incontro con i sindacati convocato in Regione, i vertici aziendali hanno ufficializzato la volontà della Dt, la società ceca proprietaria dell'impianto, di cessare l'attività nel sito barese, annunciando che lo scorso 6 novembre la società ha già presentato la domanda di ammissione al concordato preventivo.

Una decisione, quella della chiusura,  che alcune circostanze avevano lasciato presagire, mettendo in allarme i lavoratori. L'estate scorsa, ad esempio, cinquanta dipendenti a tempo determinato erano stati mandati a casa alla scadenza del contratto. Un altro segno che, secondo i sindacati, lasciava presagire l'intenzione di dismettere lo stabilimento. "Già un anno fa - spiega Saverio Gramegna, sindacalista della Fiom Cgil - vedendo che la società non effettuava investimenti importanti nella fabbrica, avevamo chiesto un tavolo regionale per  esplorare la possibilità  di attivare contratti di programma, per vedere se ci fosse possibilità di investimento, ma già al secondo incontro l'azienda non si è più presentata". "E oggi - prosegue - dopo poco più di un anno, siamo di fronte al fatto che la società ceca che ha acquisito la Bmf dopo poco più di due anni ha dismesso l'attività produttiva, con reale pericolo che quello stabilimento rimanga chiuso". Poi c'era stata anche la vicenda giudiziaria relativa ai rifiuti tombati e la bonifica - attualmente in corso in una zona dello stabilimento, fino al 15 gennaio ufficialmente fermo proprio per questo - disposta qualche mese fa dal giudice. Un'altra circostanza che però secondo i sindacati sarebbe stata usata in maniera strumentale dalla società per arrivare alla dismissione. Del resto, sottolinea Gramegna, anche la decisione di presentare richiesta per il concordato preventivo, è stata presa "senza alcuna interlocuzione con i sindacati".

Tutto dunque passa nelle mani del Tribunale. Ma a fare le spese della situazione, nella maniera più pesante, sono ora i cento operai impiegati all'interno della fabbrica, rimasti di fatto senza lavoro e senza alcuna forma di copertura economica. "Ad oggi - spiega ancora Gramegna - non si può far ricorso agli ammortizzatori sociali, perchè l'attività produttiva è cessata, perciò la cassa integrazione ordinaria non può essere attivata". Potrebbe essere messa in atto nel momento in cui, una volta avviata dal Tribunale la procedura di concordato, si presentasse qualche acquirente interessato alla fabbrica. Ma dire quando, e se questo accadrà, è praticamente impossibile. Al tavolo regionale, si è parlato anche della possibilità di pagare ai dipendenti una quota parte dello stipendio di ottobre, ma dietro la possibilità di far uscire dallo stabilimento pezzi già pronti per la vendita. Una condizione, quella posta dall'azienda, che però i lavoratori non sarebbero disposti ad accettare.

"E' una situazione drammatica - commenta amaro Gramegna - Al momento, non ci sono strumenti concreti che la legge ci consente di  mette in atto per dare risposte ai lavoratori. Di fatto, in questo momento, l'azienda è più garantita con la procedura di concordato è più garantita dalla legge, mentre i lavoratori sono i più penalizzati perchè in questo caso lo Stato non può corrispondere nulla". Per i prossimi giorni gli operai delle Fucine meridionali stanno organizzando nuove iniziative di protesta "per sensibillizzare l'opinione pubblica, e per gridare la nostra rabbia per quello che sta accadendo".

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