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Economia

Imprese al femminile, la fotografia barese: tra difficoltà e opportunità, così le donne affrontano la sfida

A colloquio con Raffaella Altamura, presidente del Comitato per l'imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Bari, per tracciare un quadro delle imprese 'in rosa' sul territorio, tra crisi, cambiamenti e apertura all'innovazione

Un rallentamento nella crescita, effetto della crisi che morde in tutti in settori, nel 2019 si è registrato anche su Bari e provincia. Ma le imprese 'in rosa' continuano a nascere, e a rappresentare una fetta importante del tessuto economico del territorio. Secondo i dati Unioncamere (aggiornati al settembre 2019) le imprese al femminile in Puglia (create da donne o a prevalente presenza femminile) sono 87.832 (il 23,05% del totale), circa 27mila (27761 per la precisione, dato al settembre 2018) quelle attive su Bari e provincia.

L'evoluzione delle imprese in rosa

Al di là dei numeri che fotografano la presenza delle imprese femminili nella regione e nella provincia, ci sono anche altri dati, altri aspetti che contribuiscono a definire il panorama delle aziende in rosa del nostro territorio, descrivendone anche l'evoluzione. Perché il fare impresa al femminile cambia. Così, ad esempio, ai settori in cui tradizionalmente si concentrano le attività gestite da donne - in testa servizi alla persona, commercio no food e somministrazione - si aggiungono nuovi ambiti di autoimpiego, come quelli legati alla creatività (ed ecco allora nascere ad esempio, imprese attive nella creazione di abiti e gioielli) o all'agricoltura: secondo i dati diffusi da Coldiretti Puglia, una azienda agricola su 3 è guidata da donne, con una crescita anche degli agriturismi in rosa (da 286 a 305 in Puglia). Ma a cambiare è raffaella Altamura confesercenti-2anche il profilo delle imprenditrici. A cominciare dal titolo di studio: "Il livello culturale delle donne che fanno impresa - sottolinea Raffaella Altamura, alla guida di Confesercenti Terra di Bari e presidente del Comitato per l'imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Bari - è oggi un livello medio-alto: hanno diplomi di scuola superiore, una percentuale molto alta ha addirittura il diploma di laurea triennale, se non specialistica. Rispetto al passato, a 20-30 anni fa, il livello è sicuramente superiore, anche rispetto agli uomini". Un altro aspetto interessante riguarda anche il 'ciclo di vita' delle imprese: "Quel che fa più riflettere - evidenzia ancora Altamura - è il tasso di sopravvivenza: le imprese create e gestite da donne hanno statisticamente una vita più lunga rispetto a quelle avviate da uomini, in media durano non meno di 5 anni, rispetto ad altre condotte da uomini che hanno in media una durata di tre anni". "Un dato - commenta Altamura - sicuramente c'è: in generale la donna ha delle sensibilità, delle capacità insite nel proprio essere, come la capacità di relazione, di problem solving e programmazione, la propensione per il 'prendersi cura', che probabilmente nella gestione di un'impresa esplicano poi un'azione positiva. Ma è chiaro che la predisposizione - rimarca Altamura - da sola non basta: quello che è importante, soprattutto in questo periodo e con l'evoluzione che il mercato e l'economia hanno avuto, è fornire delle competenze altre e più specifiche".

L'impegno del Comitato per l'imprenditoria femminile

Ed è qui che entra in gioco il ruolo di sostegno svolto dal Comitato per l'imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Bari. Istituiti nel 1999 a livello nazionale con un protocollo di intesa tra Ministero dell'Industria e Unioncamere, i Comitati si occupano di promuovere e supportare l'imprenditoria femminile, anche organizzando di anno in anno eventi informativi e attività di formazione. A Bari, ad esempio, quest'anno il Comitato ha organizzato un corso (conclusosi di recente e svolto in collaborazione con l'esperto di marketing Saverio Bufi) che ha dato la possibilità a 50 imprenditrici di acquisire nuove competenze in ambito web e nell'utilizzo delle piattaforme social come strumenti di promozione della propria attività. "In due giorni dall'apertura del bando abbiamo registrato il tutto esaurito - racconta Raffaella Altamura - E' stata un'esperienza molto positiva. Hanno partecipato donne che gestiscono le attività più varie, che hanno mostrato un'attenzione altissima ma anche molta propositività". A dimostrazione del fatto che, in un panorama che muta rapidamente, ciò che non manca alle donne che fanno impresa è l'apertura all'innovazione e la volontà di tenersi al passo con i cambiamenti. Il secondo corso previsto per il 2020, invece, è dedicato alla sicurezza personale: una scelta che si allontana dall'ambito strettamente tecnico per venire incontro ad altre esigenze, ugualmente connesse però alle situazioni  - e alle difficoltà - che una donna imprenditrice può trovarsi ad affrontare. Perché un dato - e val la pena sottolinearlo, in una giornata come quella dell'8 marzo (che quest'anno sconta per cause di forza maggiore l'assenza di incontri e dibattiti pubblici e di spazi di riflessione) - resta: una donna è sempre più esposta a certi rischi, a certi comportamenti, a certe difficoltà. Un problema culturale profondo, ancora molto lontano dall'essere risolto. "Sono situazioni toccate con mano ogni giorno - spiega Altamura, riferendosi all'idea del corso organizzato in collaborazione con la società Angiulli - Non necessariamente parliamo di casi di pericolo, come una rapina o un'aggressione, ma può trattarsi anche di difficoltà nelle interlocuzioni, che possono crearsi in ambito lavorativo. L'obiettivo è dare alle donne strumenti concreti per affrontare in maniera più serena queste situazioni".

L'autoimpiego delle donne tra opportunità e difficoltà

Tra corsi mirati a fornire nuove competenze, e iniziative che allargano lo sguardo anche ad altre problematiche ed esigenze, le attività del Comitato diventano così la cartina al tornasole di un universo sfaccettato come quello delle imprese in rosa. Una strada, quella dell'autoimpiego, attraverso la quale le donne spesso trovano uno sbocco più semplice rispetto alle difficoltà di trovare un'occupazione o di conciliare i tempi di vita-lavoro. Ma anche, sempre più di frequente, una scelta che nasce dall'esigenza di sostenere l'economia familiare: "Sempre più spesso, soprattutto nell'ultimo periodo in cui la crisi economica ha colpito molti nuclei familiari - commenta Altamura - a fronte di uomini che perdono il lavoro, l'autoimpiego femminile diventa proprio una necessità di sostentamento della famiglia. Noi come comitato dobbiamo sostenere questo processo, per aiutare sia le giovani donne sia quelle che a un certo punto decidono di reinventarsi, ed è un processo che va sostenuto a 360 gradi, da tutte le istituzioni e sotto tutti i punti di vista". Perché se lo spirito imprenditoriale non manca, è altrettanto vero che diverse sono le difficoltà con cui deve confrontarsi una donna che decide di avviare una propria attività. A cominciare da quella più 'atavica', come rileva Altamura: "Spesso uno degli aspetti più difficili è rappresentato dall'accesso al credito, un po' per l'inesperienza, un po' perché statisticamente gli enti creditizi danno meno credito alle donne rispetto alle imprese maschili. Di solito - prosegue - ad una donna si chiedono più garanzie. Noi cerchiamo anche di abbattere questo tetto di cristallo, supportando le imprenditrici attraverso i servizi che offriamo". Ma quali le ragioni di questa particolare 'diffidenza' nei confronti delle donne? "Bisognerebbe chiederlo alle banche - commenta ironizzando Altamura - Eppure statisticamente un'impresa condotta al femminile ha molta più affidabilità ed efficacia di un'impresa condotta da un uomo, quindi in realtà dovrebbe essere esattamente il contrario. Per quello che mi riguarda la risposta non può che essere una: noi donne meritiamo credito, in tutti i sensi".


 

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