Ascanio Celestini in 'Barzellette' al Teatro AncheCinema di Bari
'Figurati un uomo grosso. Lo sguardo cupo. Il sole è già tramontato. Il crepuscolo mostra l’ultima debole luce. L’uomo trascina per mano una bambina. La conduce fuori del paese dove gli alberi si fanno fitti e neri. Le ha appena regalato un lecca-lecca. Ma lei trema e le cade dalle manine bianche. Anche la sua voce è piccola. “Signore” scongiura “io ho paura ad entrare nel bosco di notte”. Lui si ferma e la guarda pietoso. “Pensa quanta paura avrò io” le dice “che dovrò tornare a casa da solo!”''. Ecco una delle Barzellette che compongono il libro firmato da Ascanio Celestini per Einaudi qualche mese fa, oggi migrate nell’omonimo spettacolo teatrale che aprirà domani, giovedì 28 novembre, la stagione di prosa di AncheCinema (corso Italia 112, ore 21, info 329.611.22.91).
Le barzellette, si sa, fanno ridere. E infatti in sala si ride. Celestini è come sempre narratore, stavolta nei panni di uomo delle ferrovie, accomodato davanti a una qualche stazione, luogo di passaggio ideale per raccogliere storie. E storie, e ancora storie. Ma quando si ha a che fare con l’autore di Fabbriche, Pro Patria e Radio Clandestina, già Premio Ubu, Flaiano e Dessì, certo non ci si può aspettare un cabaret da quattro soldi, o una risata fine a se stessa. Celestini pesca infatti nel ricco patrimonio popolare di storie lievi per veicolare i suoi messaggi forti. Talora agghiaccianti, come quello della barzelletta in epigrafe, pubblicata su Facebook dallo stesso autore a corredo di un post che riporta al profilo di Matteo Salvini, già ministro degli Interni nel primo Governo Conte. Non c’è bisogno di spiegare alcunché. Il capostazione racconta, il pubblico ascolta. Punto. A rompere il dialogo soltanto le note composte e suonate dal vivo da Gianluca Casadei, che accompagna il maestro al pianoforte e alla fisarmonica, contrappuntando la narrazione.
Dunque spazio alle immaginazioni, mentre si passa da Bologna, da Auschwitz, da chissàdove. Spazio alla risata lieve, mai greve, che cederà poi il posto – a sipario chiuso - a qualche riflessione più o meno amara. Spazio al narratore dei narratori e alla sua prosa semplice, come semplice è il linguaggio della storia popolare, come semplice è la scena, semplici gli abiti di chi la percorre, il capostazione Celestini, testimone di storie che si fanno Storia.