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La 'lezione di cinema' di Favino apre il Bif&st 2018: Petruzzelli sold out per l'incontro

L'attore romano, protagonista della prima masterclass del festival, si è raccontato al pubblico: dal sogno di recitare coltivato sin dall'età dei 6 anni all'esperienza di Sanremo. In platea anche Pippo Baudo

Petruzzelli 'sold out' e posti in piedi al Petruzzelli per la prima 'lezione di cinema' del Bif&st 2018. Tanti gli spettatori che si sono messi in coda di buon mattino per assistere alla masterclass con Pierfrancesco Favino. E' stato infatti l'attore romano, reduce anche dall'esperienza di conduzione a Sanremo, ad inaugurare il ciclo di incontri del festival del cinema di Bari, diretto da Felice Laudadio, che si concluderà il prossimo 28 aprile.

La carriera e la passione per la recitazione nata da bambino 

Al centro della conversazione con il critico Fabio Ferzetti, le riflessioni sul suo lavoro e le ragioni della sua versatilità. L'incontro è stato preceduto dalla proiezione di “A.C.A.B.” di Stefano Sollima, tra i film più rappresentativi di una carriera che conta ben 76 titoli in 25 anni tra cinema, teatro e televisione. La varietà dei suoi personaggi e dei film interpretati è alla base delle sue scelte fin dall’inizio, come ha spiegato rispondendo alla prima delle domande che gli ha rivolto Ferzetti: “Ho sempre pensato che il mestiere dell’attore fosse proprio questo, modellarsi rispetto a quello che si fa. Avere una faccia ‘facciosa’, d’altra parte, mi ha consentito di fare cose tanto diverse l’una dall’altra, come pure la consapevolezza di avere il privilegio di scoprire quante cose può essere un individuo nella sua complessità. Faccio l’attore fondamentalmente perché mi piace l’essere umano. Affrontare gli opposti è un altro privilegio pazzesco che mi ha offerto e continua a offrirmi questo mestiere, come quando nel giro di pochissimi mesi mi sono trovato a interpretare il poliziotto fascista di “A.C.A.B.” e l’anarchico Pinelli in “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana”. Una passione, quella per la recitazione, che accompagna Favino fin dall’infanzia: “Ho deciso che avrei recitato fin da quando avevo 6 o 7 anni, passavo le ore davanti alla Tv a guardare i vecchi film di Totò. La chiave di volta fu poi a 8 anni quando i miei genitori, entrambi appassionati di teatro, mi portarono a vedere Don Carlos di Schiller con Gabriele Lavia, fu una vera folgorazione. Dopo il Liceo, quindi, ho fatto domanda all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e per fortuna mi hanno preso, altrimenti non so cosa sarebbe stato di me a 30 anni”.

Da Acab alla conduzione di Sanremo

Noto per la meticolosità con cui prepara i suoi personaggi, Favino ha raccontato come ha affrontato il personaggio di “A.C.A.B.”: “Ho trascorso del tempo insieme a veri celerini, sono stato allo stadio a osservarli mentre lavoravano, ho preso dimestichezza con scudi e manganelli per poi scoprire che anch’io potrei usarli se dovessi essere aggredito. Mi era già capitato in un altro film, quando mi sono trovato con una pistola tra le mani. Ecco un altro aspetto positivo del mio lavoro: ti dà la possibilità di sollecitare i tuoi istinti e prendere consapevolezza dei rischi che questo comporta. E poi ho frequentato a lungo un vero celerino di destra per poi scoprire che a casa, insieme al busto del Duce, aveva il manifesto di Che Guevara. Questo per dire che l’essere umano non è mai una cosa sola. È anche per questo che ho accettato l’avventura del Festival di Sanremo”. Un’esperienza, quest'ultima, che ha cambiato la percezione del pubblico nei confronti dell’attore romano, rivelandone la poliedricità oltre che la versatilità nel cinema. “Era esattamente quello che volevo, avrei dovuto fare già prima qualcosa del genere, superando la paura di ciò che il pubblico avrebbe pensato di me. Ma mi sono ricordato di come Gassman non avesse avuto timore di esibirsi a Canzonissima, di Mastroianni che ululava accanto a Mina, di Tognazzi che raccontava barzellette. Ora sono consapevole di essere diventato nazional-popolare ma è una cosa bella. Purché lo si faccia bene.” A proposito di eclettismo, un altro notevole talento che Favino ha talvolta manifestato è quello di imitatore. Così, per il divertimento del pubblico del Petruzzelli, si è prodotto in un’irresistibile imitazione di Marco Giallini e poi di Rocco Papaleo, insieme al quale sta per affrontare il prossimo impegno, “I moschettieri del Re” di Giovanni Veronesi - nel cast anche Valerio Mastandrea e Sergio Rubini - atteso sugli schermi per Natale. Subito dopo l’attore sarà Tommaso Buscetta nel film di Marco Bellocchio “Il traditore”: “Non vedo l’ora, ho inseguito questo ruolo per tanto tempo, mi ci sto preparando fin da quando stavo girando ‘A casa tutti bene’ con Gabriele Muccino. Sono affascinato dall’idea di interpretare un uomo che è diventato celebre senza essere nessuno e che ha vissuto cambiando faccia più volte”.
Ma quando sente veramente un personaggio, Pierfrancesco Favino? “Quando mi parla, quando ho capito come pensa. È così che riesco a far sì che l’attore non scavalchi il personaggio, non imponga al pubblico la propria personalità e superiorità. L’attore non deve mai dimostrare quanto è bravo. Non deve essere uno strumento ma un oggetto”.

Pippo Baudo in platea

Prima di intrattenersi a lungo con gli spettatori per gli autografi e gli immancabili selfie, Pierfrancesco Favino ha incassato i complimenti di un illustre spettatore dell’incontro: Pippo Baudo. “Sono venuto qui ad ascoltarti”, ha detto il popolare conduttore che sarà protagonista della Masterclass di domani, “perché sei bravo, colto e intelligente. Ti auguro ogni fortuna”.

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