La zia d'America di Leonardo Sciascia
La zia d’America
di Leonardo Sciascia
con Paolo Panaro
1943. In un non precisato paese dell’interno della Sicilia, il giovane protagonista racconta delle speranze e delle paure che egli e suoi concittadini vivono nell’attesa dell’arrivo delle truppe alleate. La situazione è però immobile, indecifrabile. Il paese vive l’irrealtà del sogno: non accade nulla, il tempo è fermo, il futuro non esiste, si ha l’impressione che i grandie venti storici non sfiorino nemmeno questa estrema provincia siciliana di cui il narratore si fa cronista attraverso un personale percorso mnemonico.
Eppure gli americani arrivano. Se una parte del paese si dà a bruciare ritratti di Mussolini e tessere del fascio, l’altra parte
festeggia i liberators che sono soltanto cinque soldati americani. Cannate di vino e folla che festeggia in piazza mentre le insegne della casa del fascio vengono tirate giù e prese violentemente a calci. Viva la libertà gridano quelli che fino all’altro ieri avevano gridato Duce per te la vita! Preti impauriti, donne di malaffare, avvocati traditori, mezzani che subdolamente si mettono a servizio dei soldati, prostituzione, mercato nero: questa è l’atmosfera all’indomani della Liberazione. I fascisti rimasti in paese hanno paura; soprattutto lo zio del narratore che ai tempi di Mussolini rivestiva l’importante ruolo di segretario amministrativo del fascio e che ora vive segregato in casa ascoltando la radio, unico mezzo di comunicazione col mondo. Gli eventi si infittiscono: l’Armistizio, la Repubblica di Salò, le prime consultazioni politiche. Cominciano ad arrivare notizie dall’America, la ricca zia del protagonista scrive che presto verrà in Sicilia per un voto fatto alla Madonna del paese. Le sue lettere si fanno sempre più fitte e intanto la guerra è finita. L’Italia si divide fra monarchici e repubblicani, comunisti e anticomunisti. Arrivano gli aiuti americani e arrivano anche i pacchi dei parenti d’oltreoceano, con nuove invenzioni: le cravatte a fuoco d’artificio, gli spaghetti in scatola e la penicillina. Ma anche esortazioni e ricatti dei parenti americani di dare il voto, nelle prossime elezioni, al partito della Democrazia Cristiana. Immediatamente dopo il trionfo del rassicurante partito di De Gasperi, giungono la ricca zia americana e la sua famiglia su una grande nave. Dopo qualche giorno di vacanza a Palermo, il gruppo arriva finalmente al paese che agli occhi degli americani appare brutto, sporco e pieno di mosche. Ogni giorno di più piccoli incidenti fioriscono fra la famiglia del narratore e gli americani. I rapporti si logorano e la zia americana comincia a provare una vera insofferenza verso i suoi familiari, fatta eccezione
dello zio fascista. E quando gli americani anticipano il giorno di rientro negli Stati Uniti decidono di portarsi dietro l’unica persona, veramente simpatica, a loro modo di vedere, del paese, lo zio fascista che da questa vicenda, grazie al suo trasformismo, ne uscirà vincitore.
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