Michele Perruggini con l'ultimo disco "In Volo" al Teatro Forma di Bari
Domenica 1 dicembre, alle 20.00, primo appuntamento del cartellone "Brand New", all'interno della stagione musicale 2019-2020 del Teatro Forma di Bari (via Fanelli 206/1). In scena un altro concerto di grande raffinatezza musicale, con l'ultimo disco del musicista e compositore Michele Perruggini, intitolato "In Volo", presentato da sette musicisti d'eccezione: Mirko Signorile al pianoforte, Giorgio Vendola al contrabbasso, il Modus String Quartet (Leo Gadaleta e Serena Soccoia ai violini, Teresa Laera alla viola, Gaetano Simone al violoncello) e Andrea Campanella al clarinetto. Biglietti in vendita al botteghino del teatro e su vivaticket.it (poltronissima 18 euro, poltrona 15 euro). Infotel: 080.501.81.61.
Se la musica smuove il sentimento più intimo del nostro vissuto, un album come «In volo» (Abeat Records) di Michele Perruggini, punta dritto allo zenit dell'ascolto, per fare della materia sonora un flusso costante di emozioni. «In volo» è il secondo album del compositore barese, musicista la cui sensibilità si era svelata già nel primo disco, intitolato «Attraverso la nebbia» (2015, sempre edito da Abeat Records). Perruggini nasce come batterista di grande pregio, con svariate esperienze musicali, dal rock progressive al jazz, in un'inesauribile voglia di esplorare e spaziare in tutti i generi musicali. Il pianoforte è uno strumento che ha da sempre amato, e che ora, in età matura, torna a “frequentare” da compositore, per dare vita alla parte musicale più intima e riflessiva di sé, seguendo unicamente il flusso emozionale.
Non è un caso, dunque, che si sia affidato all'amico fraterno e grande artista Mirko Signorile, capace di “entrare” nel clima della scrittura del compositore, con estrema sensibilità, rispetto ed efficacia. Dunque la componente ritmica, che nel primo album era preponderante, con In volo si scioglie in ricami sonori disegnati dal pianoforte, unito al contrabbasso e a un quartetto d'archi suadente, che sigilla il suono in uno scrigno dal sapore antico.
A dare forma alle 13 composizioni del disco sono musicisti straordinari: oltre al già citato Signorile al pianoforte, sono Leo Gadaleta e Serena Soccoia (violini), Teresa Laera (viola), Luciano Tarantino (violoncello), Giorgio Vendola (contrabbasso). Con l'inserzione speciale del poetico clarinetto di Gabriele Mirabassi nel brano «Fuga dai mostri». Gli arrangiamenti dell'intero lavoro sono dello stesso Perruggini, mentre quelli per archi sono curati da Gadaleta.
L'assunto filosofico del compositore si sposa perfettamente con lo stile e la caratterizzazione musicale di ogni brano: la musica si muove tra reminiscenze di stampo classico e artigianalità pura del suono, alla ricerca della variazione timbrica, di una metrica mai banale, di modulazioni morbide e al tempo stesso sottilmente istintive, di accenti corali e solistici che richiedono all'ascolto una concentrazione e un'attenzione particolarmente dedicata. La stessa dedizione che risulta dalla veste grafica del disco, ben confezionata da Giovanni Maggipinto, sulle illustrazioni di Daniela Ficarella. Fiori, cielo, nuvole e stelle sono gli elementi del “fanciullo” che c'è in Perruggini, pronto ad afferrare come aquiloni le sue note e a volare via con esse.
E se Parole rubate è un dolcissimo carillon dal sapore amaro («A volte chi sembra disponibile ad ascoltarti si rivela solo una maschera curiosa, che si insinua morbosamente nel tuo privato e trae godimento nello sciupare ciò che ti ha carpito»), Fuga dai mostri è una ballata senza tempo, che stimola ad affrontare le «paure che possiamo trascinarci per tanto tempo». Con il clarinetto che si insinua nelle pieghe della scrittura musicale con discrezione e una timbrica sommessa.
Poi c'è il legame con la natura de Il mare, una visione musicale della sua enormità, con «il suono cadenzato delle onde» a fare da «richiamo naturale al ritmo antico del respiro». Cercandosi è l'emblema di una relazione, «un continuo percorso alla ricerca di se stessi, dell’altro e di quel sottile equilibrio che può renderla solida nel tempo»; come nel dispiegamento sonoro di ogni strumento, che sembra cedere il passo ad un altro, legando l'essenza di ogni suono.
Gli ultimi tre brani raccontano ancora storie di sensibilità e “scoperta” della bellezza della vita. Pioggia nel cuore è l'emblema dell'«incomprensibile crudeltà umana» e lo fa con un tactus che “respira” jazz dalla prima all'ultima nota, mentre Secrets, nei suoi ostinati pianistici, si esprime in una fissità ieratica e misteriosa, quella dei «piccoli grandi segreti da custodire gelosamente». Infine, Dal mio finestrino: è lo stesso Perruggini ad affacciarsi curioso e vitale, «come in un viaggio» e in «scenografie da interpretare».