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Screening sierologico e tamponi sul personale sanitario. Il Policlinico di Bari precisa: "Nessun blocco, l'attività va avanti"

Dal Policlinico di Bari: "L'attività nnon ha subito alcun blocco e va regolarmente avanti secondo quanto previsto dal calendario messo a punto dalla control room aziendale"

In merito alle notizie apparse su diversi organi di stampa il Policlinico di Bari precisa che l’attività di screening sierologico e diagnosi molecolare del virus Sars-Cov2 su tamponi naso-faringei avviata dal Policlinico di Bari e condivisa con la Regione Puglia lo scorso 2 aprile sui dipendenti "non ha subito alcun blocco e va regolarmente avanti secondo quanto previsto dal calendario messo a punto dalla control room aziendale".

Dal Policlinico aggiungono: "L’utilizzo della tecnica diagnostica del tampone nell’ambito della sperimentazione in atto presso l’azienda ospedaliero-universitaria, poiché finalizzata alla validazione del risultato del test sierologico effettuato, e quindi giustificata ai fini della ricerca, è in linea con i protocolli condivisi con la Regione Puglia".

Quindici medici e professori della scuola di Medicina dell'Università di Bari e del Policlinico avevano scritto una lunga lettera per chiedere che il "monitoraggio periodico di tutti gli operatori sanitari mediante esecuzione del tampone" doveva "proseguire" per "tutelare gli operatori sanitari" ma anche perchè lo screening "rappresenta una forma di garanzia a tutela della salute di tutti i pazienti, soprattutto i piu' fragili che sono esposti alle gravi conseguenze dell'infezione".

La missiva è successiva alle notizie circolate circa la decisione della Regione di bloccare lo svolgimento dei tamponi sul personale sanitario degli ospedali pugliesi perchè considerati controproducenti. I firmatari, in primis Loreto Gesualdo, presidente della scuola di Medicina Università degli Studi di Bari 'Aldo Moro' auspicano invece che "si possa incrementare la capacità di esecuzione dei test molecolari sui tamponi per contribuire all'ulteriore contenimento della diffusione del virus nella popolazione".

"L'esecuzione dei test va assicurata agli operatori sanitari e assimilati a maggior rischio", scrivono ricordando quanto contenuto in una circolare diffusa dal ministero della Salute. E a supporto della loro richiesta, riportano l'esito di "studi epidemiologici condotti in 375 cittàcinesi, tra il 10 gennaio e il 23 gennaio 2020, che mostrano che circa l'86% dei casi era non documentato, ovvero asintomatico o paucisintomatico e si e' ipotizzato che tali positivi invisibili siano stati verosimilmente responsabili di circa l'80% di ulteriori contagi".

Da qui, la necessità di riprendere a effettuare test in quanto fin "dalle prime fasi della pandemia da Sars-Cov-2 non è mai stata esclusa la possibilità di trasmissione del virus da soggetti asintomatici".

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