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Venerdì, 22 Settembre 2023
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Strage di via D'Amelio, il Comune ricorda il giudice Borsellino e gli agenti della scorta

Nel giorno del 31esimo anniversario dell'attentato organizzato a Palermo dalla mafia, i rappresentanti dell'amministrazione locale e il procuratore della Repubblica di Bari, Roberto Rossi, hanno ricordato l'importanza della figura del giudice siciliano

Questa mattina, nel 31esimo anniversario della strage di via D’Amelio (19 luglio 1992), in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, l’amministrazione comunale ha reso omaggio alle vittime con la deposizione di corone (d’alloro e di fiori) nei luoghi della città dedicati al ricordo dei martiri di questo tragico evento che ha segnato, al contempo, il risveglio della coscienza civile in tutto il Paese.

Alle 9 l’assessora Carla Palone ha deposto una corona d’alloro presso il toponimo di viale Falcone e Borsellino; alle 9.30 l’assessora Francesca Bottalico, alla presenza del procuratore della Repubblica di Bari Roberto Rossi, ha deposto una corona di fiori presso il murale situato in via Falcone e Borsellino sul muro perimetrale delle Casermette. Alle 9.45 l’assessora Paola Romano, alla presenza del questore di Bari Giovanni Signer, ha deposto una corona d’alloro presso il giardino Emanuela Loi, in largo 2 Giugno (tra via della Resistenza e via della Costituente).

Alle 16.59, ora esatta della strage, il sindaco Antonio Decaro ha deposto una corona di fiori sulla facciata esterna di Palazzo di Città alla presenza delle autorità civili e militari. 

"Trentuno anni fa, a quest’ora, moriva un giudice con la sua scorta - ha detto il sindaco Decaro -. Morivano sei cittadini italiani, cinque uomini e una donna. Morivano sei persone che avevano scelto di mettere la propria vita al servizio del nostro Paese. Trentuno anni fa, in via d’Amelio, moriva un pezzo dello Stato. Ma da quel sacrifico, forse, fu proprio il senso dello Stato a rinascere. È stato l’intero Paese, da nord a sud, a vedere in quell’ennesimo attentato, a poche settimane dalla strage di Capaci, uno sfregio inaccettabile. Ma soprattutto forse, in quel momento, tutti quanti sentimmo di doverci ribellare, tutti ci sentimmo siciliani, consapevoli che saremmo stati complici di quelle morti se non avessimo sollevato la testa e gridato basta".

"Così, per la prima volta, grazie al sacrificio di Paolo Borsellino, di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli agenti delle scorte - aggiunge Decaro - , l’Italia reagì alla violenza mafiosa. A noi, oggi, il dovere di ricordare e di continuare a seguire il loro esempio sapendo che ognuno di noi, ogni giorno, può sollevare la testa e dire basta di fronte a situazioni di soprusi o illegalità”.

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