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Cosa resta di Bari Capitale della cultura, Pierucci: "Subito spazi agli artisti in difficoltà per la pandemia, poi testa alla Fiera del libro"

I progetti del dossier non andranno persi: dalla mostra di Banksy alla più grande fiera del libro del Mediterraneo, l'assessora alle Culture spiega in un'intervista il percorso già tracciato per il futuro della città

 “Gli artisti devono trovare al più presto il loro spazio per fare teatro, musica e danza. Molti non lo hanno più, non sono in grado di pagare gli affitti”.

Ines Pierucci è sicura di cosa resterà della candidatura di Bari a Capitale italiana della cultura del 2022: la connessione tra le realtà esistenti, un’idea organica del rapporto tra la città e la cultura, le mostre già in cantiere, a cominciare da quella di Banksy, e poi le manifestazioni Lungomare di libri e il grande progetto della Fiera del libro. Una pianificazione costruita attorno al culto nicolaiano, che però non ha prodotto il risultato auspicato. Ma prima di realizzare ciò che è stato pensato nel dossier della candidatura, l’assessora comunale alla Cultura si è posta un’altra priorità. Quella di individuare spazi necessari a chi di cultura vive. Una priorità che ha a che fare con la crisi del settore innescata dalla pandemia Covid.

Ci sono tanti artisti in difficoltà in questo momento, quale ruolo può avere l’amministrazione?

 “Dobbiamo trovar loro degli spazi, in attesa che possano tornare a fare spettacoli. Abbiamo questo dovere nei loro confronti e stiamo lavorando sulle convenzioni. Sono in continuo dialogo con molte realtà. Dalla compagnia di teatro Licia Lanera a quella di danza Res extensa, all’associazione Apulia youth syphony, solo per citarne alcune in sofferenza. C'è chi rischia di chiudere”.

Un’esigenza per l’immediato futuro che avrà bisogno di una pianificazione per i teatri e gli spazi culturali di Bari.

“Con gli operatori riprenderemo il disegno che mette a sistema tutti i teatri di Bari, perché abbiano un'unica visione. Con la riapertura del Kursaal completeremo il cosiddetto miglio dei teatri, col Petruzzelli e il Piccinni, rinato prima della pandemia, ripristinato come un tempo. Bisognerà dialogare con tutti gli operatori e trovare una strada coordinata e comune tra i teatri per dare spazio a tutti quelli che ne hanno bisogno e rilanciare le attività”.

Delusa dall’esito della candidatura?

“Ci credevamo molto, ma andremo avanti a realizzare i nostri progetti con la stessa convinzione. Avevamo avuto i complimenti della commissione durante l’audizione ma evidentemente la scelta è ricaduta su Procida. Non conosco il loro dossier ma posso pensare che il riconoscimento di Capitale possa cambiare le sorti della vita culturale dell’isola. Da noi poteva solo migliorarla, non trasformarla radicalmente”.

L’idea di una fiera del libro sul modello del Salone di Torino è l’obiettivo principale del dossier di Capitale della cultura e del suo mandato. E l’introduzione dell’audizione della candidatura affidata allo scrittore Nicola Lagioia, che della manifestazione piemontese è direttore, sembrerebbe dar manforte a questa intenzione. Conferma?

“L’idea è quella di poterla realizzare e inaugurare, Covid permettendo, entro la fine del 2022. Dare così vita a una manifestazione di livello internazionale, che coinvolga le librerie, le biblioteche e i lettori di tutte le età del territorio, con uno spazio dedicato agli editori e agli altri addetti ai lavori possibilmente alla Fiera del Levante. I momenti divulgativi, invece, saranno aperti alla città tra teatri, piazze e luoghi di lettura”.

Quale può essere l’impatto sulla città?

“La fiera del libro non è un festival ma una macchina professionale che dimostra quanto il valore della cultura sia importante per un territorio. Accanto all’indotto sul sistema di ricezione alberghiero nonché di ristorazione e accoglienza c’è una ricaduta occupazionale significativa. A questo si aggiunge il grande respiro internazionale che avrebbe la città attraverso i libri, equiparando, allo stesso tempo, la cultura ad un lavoro qualsiasi. Abbiamo il dovere di raccontare alle future generazioni che leggere un libro è utile per il loro futuro a prescindere dalle scelte che compiranno. Leggere un libro e arricchire il proprio vocabolario è necessario per affrontare la quotidianità dalla lettura di un contratto di lavoro ad un bugiardino di un farmaco, abbiamo la dimostrazione in questi mesi di quanto la conoscenza e i saperi siano fondamentali per affrontare le difficoltà e le paure””.

In cosa si dovrà contraddistinguere la manifestazione ?

“Si tratterà sì di una fiera di settore per valorizzare e coinvolgere le produzioni dei paesi del bacino del Mediterraneo, caratteristica che altri grandi fiere d’Europa non hanno. Si dovrà lavorare con le scuole per la divulgazione della lettura, puntare al dialogo con la città e alla valorizzazione dei suoi luoghi, a partire dall’ex caserma Rossani”.

Con la Regione è stato firmato un protocollo che prevede un accordo quadro utile a pianificare e finanziare grandi iniziative culturali delle due finaliste pugliesi, Bari e Taranto. Cambia qualcosa per voi?

“È un protocollo che abbiamo voluto fortemente come amministrazione. Ma molto di ciò che si andrà a realizzare dipenderà dall’intervento della Regione. I nostri i nostri progetti di promozione della lettura li porteremo comunque avanti, con due punti di partenza: Un lungomare di libri e il Festival libri e voci su podcast, che potremmo in teoria organizzare in collaborazione con Taranto. C’è poi la volontà di valorizzare la figura del grande compositore Niccolò Piccinni, col Piccinni opera festival, come avviene per gli altri grandi compositori. Basti pensare a Verdi a Parma o Rossini a Pesaro. Abbiamo a disposizione di nuovo lo splendido teatro a lui dedicato, dovremo organizzare una manifestazione che guardi alle generazioni future del mondo della musica”.

Bari può definirsi comunque una capitale della cultura?

“Capitale lo è di fatto ma il riconoscimento avrebbe contribuito a colmare quei vuoti di sistema esistenti, a cominciare dall’approfondimento su tutto ciò che è contemporaneo. Nel polo individuato per l’arte contemporanea, manca la condivisione del modello di gestione con la comunità. C’è da far chiarezza sulla definizione degli spazi, al di là della Sala Murat, già in gestione, c’è da ridiscutere del primo piano del Mercato del pesce, destinato a residenze artistiche, e del Teatro Margherita, dedito a museo ed esposizioni. Ci impegneremo per trovare una strada comune con la città”.

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