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"Se le attività non essenziali sono aperte non si può chiudere la scuola": i comitati protestano davanti alla Regione

Una cinquantina di attivisti di Diritto alla salute e all’istruzione e Priorità alla scuola hanno manifestato davanti alla sede del lungomare Nazario Sauro: "Questa casa non è una scuola"

“La scuola si-cura non si chiude”. È il gioco di parole col quale una cinquantina tra genitori, insegnanti e figli del comitato per il Diritto alla salute e all’istruzione e Priorità alla scuola hanno manifestato la sera di mercoledì 24 febbraio sotto la presidenza della Regione Puglia, sul lungomare di Bari. Con striscioni con su scritto frasi come “Questa casa non è una scuola”, con chiaro riferimento alla didattica a distanza imposta dall’ultima ordinanza del governatore Michele Emiliano, e “Scuole aperte contro tutti i virus”, hanno chiesto di tornare alle lezioni in classe e hanno attaccato la gestione dell’emergenza Covid dell’ente. Per lo meno lasciando libera la scelta alle famiglie. “Pur subendo l'ennesimo schiaffo dal Tar, Michele Emiliano invece di intervenire con politiche strutturali per porre la scuola in piena sicurezza continua a creare caos, a frammentarla con un’altra ordinanza irricevibile”,  dicono.

Scuola in Puglia, la protesta dei genitori davanti alla Regione

“Dopo un barlume di equilibrio ottenuto dopo la prima sentenza del Tar – spiega Anna Scarangella, mamma di tre figli che frequentano la scuola dell’infanzia e la primaria - che aveva lasciato libera scelta ai genitori con l’ordinanza del 20 febbraio firmata da Emiliano siamo tornati indietro. Noi genitori lavoratori viviamo nella confusione totale in assenza di una minima programmazione. Alle 8 di questa mattina, dopo la sospensiva del Tar e l’ulteriore ordinanza sulla Did di ieri sera non sapevamo cosa fare con i nostri figli, con la discrezionalità data alle scuole alcuni istituti scolastici non hanno dato comunicazione in merito nonostante la possibilità per primaria e media inferiore di far rientrare gli alunni in aula fino al 100 per cento, con didattica a distanza s richiesta. I dati terroristici poi presenti nei continui post social di Emiliano non supportati da dati scientifici danno adito a libere interpretazioni, anche sui contagi dovuti alla variante inglese. Eppure – aggiunge – i dati a disposizione parlano di incidenza a scuola dello 0,03 per cento, ma ancora una volta è la scuola l’unica istituzione per la quale si chiede la chiusura”.

Ciò che è meno accettabile per gli attivisti del comitato è la discrepanza tra le decisioni della Regione e la normativa nazionale, in relazione anche alla classificazione della Puglia come zona gialla. Condizione che porta ad avere centri commerciali, aziende e attività definite "non essenziali" aperte e le scuole chiuse. Tra loro anche i firmatari di uno dei ricorsi al Tar contro la didattica a distanza imposta per tutti gli alunni dall’infanzia alle medie superiori.

“Avremmo potuto cooperare assieme – scrivono i comitati in un documento e ripetono al megafono sul lungomare -, cittadinanza e istituzioni nazionali e regionali. Avremmo potuto aiutarci gli uni con gli altri, solidarizzare per affrontare questa maledetta pandemia in corso. E invece si è verificato esattamente il contrario. A un anno dalla prima chiusura delle scuole, le istituzioni regionali pugliesi continuano a disgregarci, a stremarci. Addirittura costringono molti (soprattutto donne e i dati statistici lo confermano) ad abbandonare il lavoro per prendersi cura dei propri figli e delle proprie figlie durante la didattica a distanza, da affrontare  spesso in condizioni di disagio assoluto. Questo caos ha l’obiettivo di metterci gli uni contro gli altri: docenti contro genitori, genitori contro genitori, con gravissime ripercussioni sull’educazione e sull’apprendimento delle future generazioni. E invece noi vogliamo persone che possano maturare senso critico e autonomia, non forza-lavoro ignorante e servizievole. La scuola è il fulcro di questo principio”. Una delegazione è stata ricevuta nella sede della presidenza, mentre sulla questione pende già un altro ricorso contro l’ultima ordinanza di Emiliano, questa volta firmato dal Codacons di Lecce.

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