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Dai pasti al sostegno ai più bisognosi, l'impegno della Caritas Bari nel secondo anno di pandemia: "Non solo cibo, servono relazioni"

Il racconto di un altro anno segnato dal Covid nelle parole del direttore, don Vito Piccinonna, con l'invito a prestare attenzione ai più giovani, ai temi della povertà educativa e del rischio isolamento: "Tanti adolescenti soli, bisogna ridare loro il gusto e la passione per la vita"

Oltre 100 mila pasti distribuiti. Più di 70 mila nella sola Bari. L’impegno quotidiano diretto o a supporto di altre strutture solidali. La Caritas fa un resoconto del servizio offerto in favore di più bisognosi in questo secondo anno di pandemia. Lo fa non solo snocciolando i numeri, che parlano di un incremento del 25 per cento di richieste nelle mense diocesane rispetto allo stesso periodo del 2021, ma anche raccontando le storie. Quelle dalle tante parrocchie coinvolte e della comunità terapeutica Lorusso-Cipparoli a Giovinazzo.

“Mi ha sorpreso in questo periodo pandemico – racconta il direttore don Vito Piccinonna - aver trovato diversi giovani che provengono dal mondo delle dipendenze che mi hanno riferito di aver avuto nella costrizione del periodo pandemico una accelerata interiore sulla decisione di entrare in comunità e di intraprendere un cammino di ripresa della propria vita lontano dalle sostanze, molti dalla ludopatia. Almeno qualcuno ha visto un effetto positivo di questo periodo”. Una strada diversa dettata dal maturare interiore di un sentimento, legato all’amor proprio, o da alcuni impedimenti materiali, come i rischi, di accesso ai locali con l’acuirsi della crisi economica per le fasce più deboli. 

I nuovi bisognosi arrivati a bussare alle porte delle parrocchie o messisi in fila per richiedere pasti caldi sono per lo più italiani, baresi, fa sapere Piccinonna. 
“Sono persone che hanno perso i piccoli introiti che avevano – spiega - e che garantivano loro una certa autonomia. Ora si ritrovano senza il necessario.  Occorre non dimenticare chi non ha assolutamente nulla. Poi vogliamo sperare sempre che le politiche del welfare sempre più si interfaccino con le politiche lavorative e urbanistiche. Il lavoro e la casa non accettano palliativi ed è fondamentale rivedere il Reddito di Cittadinanza. In questo Caritas Italiana nell’ultimo rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale ha ribadito che solo il 44 per cento degli italiani viene raggiunto da questa misura”.

Del resto i dati diffusi dall’ultimo rapporto della Banca d’Italia parlano dell’aumento dei percettori di reddito e pensione di cittadinanza (123 mila pugliesi, il 7,6 per cento delle famiglie), cui si aggiungono i 49mila percettori del reddito di emergenza (il 3 per cento del totale dei nuclei famigliari pugliesi, e altre 3.700 famiglie destinatarie del reddito di dignità (nel 2020 erano 2.800). Ma anche di un balzo dell’occupazione,  per lo più con contratti a termine, che segna un saldo positivo di 84 mila 600 assunzioni. Per questo sembra fondamentale ridiscutere e confrontarsi sul destino delle risorse in arrivo con Piano di ripresa e resilienza finanziato dall’Unione europea. Il 40 per cento dei quasi 200 miliardi in arrivo è destinato al Sud. Buona parte alla Puglia ma a fare la differenza sarà l’impatto sulla qualità della vita delle persone. “I fondi del Pnrr – sottolinea don Piccinonna - prevedono nel medio termine un aumento dei tassi di crescita del Pil e la correzione dei principali squilibri macroeconomici. Tuttavia, tale correzione deve necessariamente partire da un'oculata allocazione delle risorse sul territorio e da una riduzione delle disuguaglianze. Ciò significa coinvolgere tutte le autorità locali e tutti i portatori di interessi, tra cui le parti sociali, durante l’intera esecuzione degli investimenti e delle riforme inclusi nel piano. Inoltre, mi sembra, a mio modesto parere, che le risorse destinate all’educazione dei giovani e alla formazione e riqualificazione dei lavoratori non rispondono a disegni ben definiti e sistematici. Vi dovrà essere quel ribaltamento culturale e di prospettiva che consentirebbe con maggior forza di aggredire alla radice – prosegue - i fattori determinanti delle disuguaglianze e di evitare così il semplice ritorno alla normalità di prima, che già prima della crisi impediva al Paese di crescere e alimentava disuguaglianze e povertà diffuse”. 

In questo quadro, complicato, resta valido l’invito della Caritas alla solidarietà. “Va insegnata e vissuta – racconta ancora il direttore- in una dimensione ordinaria a cominciare dalle famiglie e dalle comunità. Non si può fare l'abitudine alla povertà. E soprattutto questa va vista sempre in tutte le sue sfaccettature. Attenzione alla povertà educativa . Gli adolescenti sono soli! In alcune città d'Italia, complice la pandemia, aumentano gli hikikomori. Bisogna ridare ai giovani il gusto e la passione per la propria vita, il proprio futuro e sollecitarli a preoccuparsi anche della felicità degli altri, ad averne cura”. L’hikikomori in giapponese significa letteralmente “stare in disparte”. È la sindrome che porta le persone a rinchiudersi in casa e isolarsi del mondo. Complici anche le nuove tecnologie e l’invasione dei social. Un aspetto delle complessità psicologiche che chi ha a che fare tutti i giorni con le urgenze dei bisogni della vita deve affrontare. Per questo il direttore della Caritas di Bari e Bitonto ritiene che ci sia ancora bisogno di agire in una certa direzione. “È importante – spiega ancora - continuare ad accompagnare le persone e insegnare a fare altrettanto. C'è uno sguardo "materno" che la città deve acquisire. Lo deve a se stessa, a tutti i cittadini, lo deve alle nuove generazioni che non possono partire scoraggiate. Non servono solo beni alimentari, non servono solo cose. Cioè servono ma non bastano. Serve un di più di relazione che dice rispetto, riguardo, attenzione per ciascuna persona e per il suo futuro. La pandemia ci ha disorientato oltremodo. Servono relazioni e luoghi che aiutino a ri-trovarsi. È un tempo di grande scommessa. Dobbiamo osare. È in gioco il bene dell'uomo e il suo futuro.  A nessuno è concesso di restare a guardare come va a finire”.

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