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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"Mettiamo il Governo alle strette": in Ateneo il flash mob di studenti e dottorandi per chiedere maggiori tutele

L'azione di protesta si è tenuta questa mattina e segue alle dimissioni dell'ex ministro dell'Istruzione Fioramonti. "Ricordiamo con rabbia le sue motivazioni" hanno spiegato i ragazzi

"Oltre le macerie, Fioramonti si dimette, mettiamo il governo alle strette": hanno srotolato uno striscione di protesta nell'atrio interno dell'Ateneo di Bari, gli studenti delle associazioni Link, i sindacalisti della Flc Cgil e i dottorandi dell'Adi per chiedere al Governo maggiori tutele per studenti e lavoratori dell'università. Il flash mob, tenutosi questa mattina, segue alle dimissioni dell'ex ministro dell'Istruzione, Fioramonti, dovute alla mancanza di fondi da parte del Governo.

Non solo striscione, ma anche un discorso letto al megafono, rivolto anche a chi sostituirà Fioramonti a capo del dicastero dell'Istruzione, sottolineando i problemi che affliggono oggi studenti e dipendenti di scuole e università, anche a Bari:

Siamo gli studenti e le studentesse, i dottorandi e i dottori di ricerca, i lavoratori e le lavoratrici del settore tecnico amministrativo di una delle tante università che oggi si stanno mobilitando in tutta Italia. Siamo i precari e le precarie di uno dei territori che da anni a questa parte in maniera irruenta si è imposto in un dibattito pubblico in cui non compare per nulla la questione meridionale: una situazione complessa a cui si cercano di dare solo soluzioni semplici.
É di poche settimane fa l'articolo che circolava sul web il quale, in maniera velleitaria, nel fu 1972,, immaginava che il divario fra Nord e Sud sarebbe stato colmato nel 2020. É trascorsa appena una settimana dalla fine del 2019 e l'inizio del 2020 ma non abbiamo visto alcun cambiamento e avanzamento per il miglioramento della nostra università e del nostro territorio che continua a vivere di disegualianze e sfruttamento, confini e discriminazioni.
Ricordiamo con molta rabbia le motivazioni che hanno spinto l'ex ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca- Lorenzo Fioramonti- che nello scorso 25 dicembre si dimetteva in polemica con le scelte governative in materia di finanziamento per la ricerca universitaria, a seguito dell’approvazione della Legge Finanziaria per il 2020.
I dati della Legge di Bilancio 2020 ci preoccupano e ci indignano con la stessa intensità. A esattamente 10 anni della riforma Gelmini continuiamo a vedere la nostra Università attaccata nelle sue fondamenta e nel suo ruolo sociale e culturale. Dal 2008 ad oggi i tagli inflitti corrispondono a circa 1.5 miliardi di euro

Cari nuovi ministri,
.
Tante sono le ferite che la componente degli studenti porta sulla sua pelle: solo il 10% della popolazione studentesca italiana riesce ad accedere appieno a quello che il diritto allo studio offre, dalle borse di studio ai servizi basilari come la mensa e l'alloggio. Un misero 10% degli studenti iscritti beneficia di borsa di studio a discapito del restante 90% circa che viene escluso rinunciando, nei casi più gravi, ad iscriversi all'università non potendosela permettere. Ci chiediamo, allora, quale importanza viene data al diritto allo studio se coloro che sono privi di mezzi e strumenti non riescono ad accedervi. Vogliamo un aumento di almeno 200 milioni del Fondo Integrativo Statale per il diritto allo studio, così da garantire borse di studio, alloggi e residenze
 
Caro governo,
Gli effetti delle politiche italiane per le Università degli ultimi vent’anni, dal processo di Bologna, passando per la riforma Gelmini hanno portato ad una situazione tragica in tutte le categorie coinvolgendo anche i dottorandi e i dottori di ricerca. Le risorse stanziate sulla ricerca sono irrisorie: solo l'1% viene investito sul PIL, insufficiente a creare delle condizioni di occupabilità stabili e di prospettiva.
Nel 2018 erano ben 68.428 le persone assunte a tempo determinato contro le sole 47.561 a tempo indeterminato, il che vuol dire che l’Università Italiana, in questo momento, si regge sul lavoro precario. Bisogna reagire immediatamente per evitare che il 90% del personale di ricerca venga espulso dall'università. Quale sarà il nostro futuro se volgendo lo sguardo alla strada che dobbiamo percorrere incontreremo ostacoli uno dietro l'altro che conducono ad una scalata verso la precarietà e l'instabilità occupazionale ma anche psico fisica? In quanto ricercatori precari pretendiamo una riforma immediata del reclutamento che elimini le forme di precariato e rimetta al centro la dignità di ciascuno e di ciascuna di noi e migliori le condizioni di lavoro e di studio nel settore universitario attraverso il rifinanziamento pubblico dell’università.
 
 Cari ministri,
il processo di precarizzazione messo in atto e diffusasi a macchia d'olio su tutte le categorie del mondo accademico non ha risparmiato neanche il personale tecnico amministrativo che colpisce un lavoratore su due! Solo il 25% delle retribuzioni del personale riesce ad ottenere un aumento considerevole che gli permette di vivere una vita degna di essere tale e non soggetta a delle scelte politiche subalterne a logiche di profitto e di mercato . Per questo chiediamo un rifinanziamento adeguato e strutturale del comparto università e ricerca con un dignitoso contratto nazionale.
 
Caro governo e cari ministri dell'istruzione, della ricerca e dell'università,
è arrivato il momento di darci una risposta immediata che si traduca in un piano programmatico di investimenti strutturali della nostra università. Vogliamo ritornare a vivere in maniera decisiva gli spazi di discussione democratica ormai drasticamente ridotti dalla legge Gelmini, vogliamo ritornare a vivere gli spazi che ci circondano come spazi di discussione politica che permeano di spirito critico e voglia di far progredire la nostra società e il nostro territorio attraverso una ricerca e una didattica che non sia ridotta solo a numeri e nozioni. Vogliamo andare Oltre le Macerie delle diseguaglianze che impoveriscono i poveri sempre di più alimentando un sentimento di competizione sfrenata che conduce a un conflitto di poveri contro poveri. Non vogliamo più sentirci delle briciole e degli atomi in un mondo che pretendiamo debba essere comunità. Caro governo, siamo le voci di chi è stato lasciato indietro da un sistema che va a due velocità: ripensiamolo radicalmente, costruiamo un'università del futuro più accessibile che rimetta al centro la nostra dignità!

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