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Mercoledì, 4 Ottobre 2023
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"Io, russa trapiantata a Bari da 15 anni, contro la guerra. Mi vergogno di ciò che accade, è sempre la gente a pagare"

Eugenia Selisceva è originaria di Lipeck, città russa, e ha 39 anni. Da 15 vive in Puglia. A Bari ci è arrivata per studio. Sabato 26 febbraio è salita su palco della manifestazione pacifista di corso Vittorio Emanuele contro la guerra e per esprimere la propria solidarietà al popolo ucraino

Eugenia Selisceva è originaria di Lipeck, città russa, e ha 39 anni. Da 15 vive in Puglia. A Bari ci è arrivata per studio, grazie a uno stage con la facoltà di giornalismo dell’Università di Mosca. Dopo non se n’è mai più voluta andare, si è innamorata del clima e di quell’autenticità dei luoghi che prova a raccontare alle migliaia di turisti russi, ucraini, bielorussi, in arrivo per conoscere cosa c’è in questa terra oltre il culto di San Nicola. Lo fa come guida turistica e culturale, attività che affianca a quelle di interprete, traduttrice e insegnante di lingua. Sabato 26 febbraio è salita sul palco della manifestazione pacifista di corso Vittorio Emanuele contro la guerra in Ucraina. Lì ha voluto esprimere la propria solidarietà al popolo ucraino, ha ricevuto applausi dalla piazza ma ha dovuto rispondere a critiche arrivate da un gruppo di cittadini ucraini in presidio.

Cosa le dicevano?

“Sono salita su quel palco senza aver preparato alcun discorso. Mi è venuto spontaneo esprimere la mia vicinanza. Ho provato a dire che noi russi e ucraini siamo come un unico popolo, anzi, un popolo e mezzo, siamo fratelli, non possiamo essere nemici, e che ciò che sta accadendo fa molto male. Un signore del gruppo di ucraini ha voluto sottolinearmi che proprio per questo loro si sentono sottomessi, perché la Russia e i russi hanno sempre considerato l’Ucraina e gli ucraini russi, cosa loro”.

Lei però ha risposto che non è il caso di vederla come nemica.

“Proprio così, ho detto se lei vuole vedermi come nemica lo faccia pure, ma non è così, io non sono per questa guerra, l’ho detto e lo ribadisco, che mi vergogno”.

Di cosa si vergogna esattamente?

“Non certo si essere una cittadina russa, siamo in tanti a opporci a questo conflitto. Mi vergogno nel pensare che soldati dell’esercito del mio Paese siano nel territorio ucraino a spargere terrore, a provocare questo tipo di reazioni da parte loro. Questo mi fa male. Ho amiche e amici ucraini, ho uno zio, il fratello di mio padre che da qualche anno ha deciso di vivere in Ucraina. Tanti russi vivono lì e viceversa, è una cosa naturale tra noi. Eppure mi rendo conto che molti in Russia non riescono a comprendere cosa stia accadendo, convinti di stare dalla parte della ragione, perché le informazioni che arrivano loro non sono corrette e perché non hanno avuto contatti diretti con persone che subiscono questa tragedia”.

Lei, invece, sì. Con chi esattamente?

“Ho una carissima amica ucraina qui a Bari, che è anche collega. Condividiamo tante cose. A gennaio, una domenica, ero a pranzo da lei. Mentre eravamo a tavola la sentii parlare al telefono con sua madre che è lì. Le diceva che si stavano organizzando con le scorte di carburante nelle auto, cibo, denaro nelle valigie e altri beni necessari per fuggire, perché al confine l’esercito russo si stava preparando a un eventuale invasione. È stato choccante per me pensare a cari di persone a me vicine che vedevano la loro vita normale stravolta in questo modo. Per questo dico che molti non avendo un contatto diretto con ciò che sta accadendo e con le conseguenze di ciò che accade non si rendono conto, non hanno empatia, ne rimangono estranei”.

Quando l’hanno attaccata mentre era sul palco cosa ha provato?

“Sono reazioni che feriscono, perché scegliere di vedere il nemico in me è la cosa più semplice del mondo. Ho provato  molta amarezza, ma ancora di più nell’ascoltare molti amici ucraini che descrivono quello che succede. Fa paura trovare colpi di arma o carrarmati vicino casa. Mi crea dolore quando si parla dei russi come aggressori, ma comprendo che al loro posto avremmo reagito allo stesso modo.  È dolorosissimo che una parte del mio paese debba eseguire ordini dal governo che crea questo genere di situazione, di cui, ripeto, mi vergogno”.

Si discute sul fatto che la Russia abbia delle ragioni nella questione, il potenziale allargamento della Nato, il conflitto nel Donbass. Cosa ne pensa?

“Ho la mia idea su ciò che sta accadendo ma preferirei tenerla per me, guardo l’aspetto umano della vicenda, le armi, le bombe, i morti. Un’azione che provoca dolore alla gente, risentimento tra noi, ferite che avranno bisogno di lunghi anni per essere marginate. E poi l’alimentazione di sentimenti nazionalistici, che giocoforza coinvolgeranno sempre più ucraini come reazione, anche chi nazionalista non è. C’è questa voglia di semplificare o abbiamo ragione, noi russi, o voi siete nemici, molti ucraini. La mia reazione vivendo qui e conoscendo molte persone ucraine,  differente, io non ho mai fatto distinzione se conoscenti, colleghi o amici fossero ucraini o russi, di molti non sapevo per certo di dove fossero, alcuni ucraini hanno del resto il passaporto russo e viceversa”.

Come sta influendo questo conflitto nella sua vita professionale?

“È una guerra che oltre a mettere in pericolo le vite e a creare disagi a chi le vive direttamente, produce delle conseguenze sociali. Dal punto di vista economico è un disastro che non serve a nessuno, di mezzo ci sono sempre le persone, chi scappa, chi abbandona le case. Il turismo è bloccato, non ne parliamo delle attività culturali. Ho investito tanto del mio tempo personale in questi rapporti, con esponenti della cultura e dell’economia, con le istituzioni. Ma dopo due anni brutti, con la pandemia Covid, nei quali non siamo stati neanche aiutati come interpreti, ora la tragedia della guerra. Ironia della sorte, la sera prima che scoppiasse il conflitto, era arrivata la notizia che l’Italia apre a turisti russi. Neanche il tempo di sorridere, ci siamo risvegliati con questa tragedia e tutti i collegamenti chiusi ancora per decisioni politiche”.

Sono in corso trattative tra i due governi. Può finire presto questo conflitto?

“Lo spero con tutto il cuore. Ma non so davvero cosa accadrà”.

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