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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Gli avvocati penalisti baresi: "Ecco cosa non va bene"

La relazione del presidente della Camera Penale di Bari, Guglielmo Starace, in occasione della cerimonia per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario 2021

"L’anno trascorso ha messo a dura prova l’intero Paese e ovviamente, di riflesso, anche il sistema giudiziario. Ci siamo trovati ad affrontare delle emergenze inimmaginabili e ci siamo impegnati con tutte le forze possibili per cercare di farvi fronte al meglio.

E dobbiamo ringraziare tanto tutte le donne e tutti gli uomini che hanno contribuito alla prosecuzione dell’attività giudiziaria. Capi degli Uffici, Magistrati, dirigenti, funzionari, cancellieri, ausiliari, avvocati, appartenenti alla polizia giudiziaria, appartenenti alla polizia penitenziaria, dirigenti delle strutture penitenziarie, Forze dell’Ordine hanno offerto tutto il loro impegno per non fermare le diverse fasi dei procedimenti e dei processi penali.

Si è lavorato insieme con l’unico obiettivo di offrire il servizio giustizia ai cittadini, dovendo perennemente lottare con la mancanza delle persone e dei mezzi e con l’inadeguatezza delle strutture che ospitano la giustizia penale.

La sede provvisoria del Tribunale penale di Bari, la cui gravissima inidoneità rispetto alla funzione giudiziaria era stata già confermata sin dalle prime battute, ha costretto l’attività giudiziaria ad un cammino con il freno a mano perennemente innestato. Non possiamo che prendere atto della perdurante situazione di emergenza degli uffici giudiziari baresi.

Gli Avvocati penalisti ogni giorno con il loro operato, nelle sedi giudiziarie, negli studi legali, negli istituti di detenzione, nelle sedi militari e ovunque sono chiamati ad intervenire, contribuiscono ad assicurare che il servizio ed il “rito” della Giustizia penale proceda, nel rispetto delle norme della Costituzione e delle leggi ordinarie, anche in questi momenti difficili, in maniera tale che libertà del cittadino e la sicurezza dello Stato non diventino “diritti sospesi”.

Abbiamo cercato di contribuire al potenziamento dei servizi digitali mediante il costante confronto con i Capi degli Uffici, credendo fermamente nei benefici della digitalizzazione del procedimento, ovviamente da non confondersi con l’improponibile processo penale da remoto.

Vanno, però, segnalate le forti criticità nel funzionamento del cd. Portale del Processo Penale Telematico, muovendo dalla considerazione che ogni disfunzione, ogni criticità, ogni malfunzionamento, si traduce inevitabilmente in un pregiudizio per il compiuto e sereno esercizio del diritto di difesa.

A nostro avviso, finché non saranno risolte tutte le numerose problematiche che stiamo riscontrando, risulta indispensabile sospendere l’obbligo di utilizzo in via esclusiva del portale per il deposito degli atti, addirittura esteso con il Decreto Ministeriale del 13 gennaio 2021.

Solo qualche esempio. Nei procedimenti in cui è già nominato prima della conclusione delle indagini o all’atto della notifica dello stesso, il difensore non risulta automaticamente autorizzato all’accesso dal Portale a quel determinato procedimento, senza peraltro che ciò comporti una sospensione dei termini processuali che scandiscono l’attività difensiva.

Inoltre, una volta effettuato il deposito della nomina sul portale, occorre attendere un riscontro -che in alcuni casi documentati non arriva nemmeno dopo settimane- per poter procedere con le attività difensive previste dall’art. 415 bis c.p.p.

Spesso accade che il portale vada in blocco, con un rallentamento esasperante nel suo funzionamento e con conseguenze facilmente immaginabili nel caso di termini di imminente scadenza.

Sorprendente, inoltre, è rilevare come ogni Procura abbia un proprio “approccio” al Portale, e come in alcuni casi lo stesso non funzioni affatto; senza considerare le varie inevitabili “circolari” interpretative o organizzative che hanno già creato una vera e propria Babele giudiziaria, non compatibile con le più elementari esigenze di certezza del diritto.

A Bari siamo riusciti, sempre grazie alla buona volontà dei Capi degli Uffici e degli avvocati, a fare sì che rimanesse funzionante la maniera tradizionale, ma non pare davvero giusto che il Ministero non consideri gli effetti nefasti di tale normativa rapsodica.

Assistiamo increduli all’emissione di decreti ministeriali ai quali di fatto si attribuisce forza normativa di fonte superiore -poiché derogatoria- rispetto alle norme del codice di procedura penale (Decreto 13 gennaio 2021 - Deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID- 19 - pubblicato in GU Serie Generale n. 16 del 21-01-2021).

Più che “potenziare il processo penale telematico” per decreto, andrebbero eliminati per legge tutti gli ostacoli all’esercizio del diritto di difesa che il Portale sta creando. Riteniamo indifferibile la necessità di prevedere, mediante copertura di legge, un periodo congruo (di almeno un anno, a nostro avviso) nel quale l’utilizzo del Portale sia previsto come facoltà e non come obbligo, in attesa di veder risolte queste e le molte altre problematiche che gli avvocati penalisti stanno quotidianamente riscontrando nell’uso di uno strumento certamente prezioso, ma altrettanto certamente bisognevole di un adeguato periodo di rodaggio e di messa a regime, in costanza del quale non venga pregiudicato il normale esercizio del diritto di difesa.

Siamo parimenti preoccupati per quello che abbiamo letto nella recente relazione del Ministro sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2020, che prevede innovazioni che mortificano il diritto di difesa e non affrontano l’ineludibile tema della durata irragionevole dei processi, risolvibile soltanto con il potenziamento dei riti alternativi, una maggiore valorizzazione del momento dell’udienza preliminare e una drastica depenalizzazione.

Il tutto senza toccare i principi fondativi della prova penale nel dibattimento, ossia l’oralità, l’immediatezza e il contraddittorio tra le parti, e senza dimenticare che la prima necessità è costituita dall’indispensabile potenziamento di mezzi, strutture e personale dell’Amministrazione.

Infine non possiamo soprassedere su di un gravissimo episodio recentemente accaduto che si pone in forte controtendenza rispetto ai rapporti da sempre improntati nel nostro Distretto ad un leale confronto e ad un dialogo costruttivo tra Magistratura e Avvocatura nel perseguimento dell’interesse comune della Giustizia.

Com’è noto, con decisione assunta a maggioranza nell’ambito del Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di Bari, è stato soppresso il cosiddetto “diritto di tribuna” per i quattro Consiglieri laici, tre Avvocati ed un Professore universitario, designati, rispettivamente, dal Consiglio Nazionale Forense e dal Ministero dell’istruzione, della ricerca e dell’Università.

L’improvvida scelta appare ispirata dall’idea di un’Avvocatura ritenuta soggetto estraneo alla Giurisdizione.

La determinazione assunta offre una visione distorta dei rapporti tra Magistratura e Avvocatura, che devono essere basati su dialogo e confronto nel reciproco rispetto di autonomia ed indipendenza a seguito della condivisione delle informazioni preordinate al miglior funzionamento delle Istituzioni.

La decisione di estromettere il Foro e l’Accademia dal dibattito sulla valutazione di professionalità dei Magistrati sottende la volontà di allontanare l’intera collettività dalla Giurisdizione.

Ma ciò che è più grave è quanto espresso in un documento della sezione barese dell’Associazione Nazionale Magistrati -e poi sostanzialmente condiviso dal Segretario nazionale nel corso di un’intervista pubblicata sulla stampa- che ha giustificato la decisione assunta dai Componenti togati del Consiglio paventando il pericolo conseguente “all’immagazzinamento silente di una massa di informazioni delicate e sensibili ad opera di singoli avvocati quotidianamente impegnati nelle attività professionali dinanzi ai magistrati giudicati”.

Il sospetto di un uso distorto e strumentale, in ambito professionale, delle eventuali informazioni acquisite nell’esercizio del diritto di tribuna da parte degli Avvocati componenti del Consiglio Giudiziario appare profondamente irrispettoso della funzione dell’Avvocatura.

L’Avvocatura associata ha reagito in maniera compatta nei confronti di questa condotta gravemente offensiva con documenti unitari che hanno stigmatizzato l’accaduto.

Peraltro, in un momento così delicato per la Giurisdizione, appare stupefacente che, anziché puntare alla massima trasparenza delle Istituzioni, si vogliano oscurare le pareti dei Palazzi determinando fratture nel delicatissimo rapporto tra Magistratura e collettività.

Si auspica che, anche grazie all’intervento del Presidente del nostro Ordine forense e dei Capi degli Uffici, da sempre apprezzati per il loro comportamento responsabile e coerente, si possa constatare un diverso comportamento che restituisca la dignità alla Classe forense e che consenta di proseguire quella proficua collaborazione tra i soggetti a vario titolo protagonisti della Giurisdizione che garantisce la trasparenza delle Istituzioni e la qualità nelle decisioni.

L’Avvocatura non ha certamente l’obiettivo di attaccare la Magistratura, con la quale si è sempre onorata di collaborare nell’unico interesse della Giustizia.

Ci sia consentito, proprio per sottolineare l’onore con il quale abbiamo collaborato con i Capi degli Uffici, concludere il nostro intervento ringraziando pubblicamente due grandi Magistrati che sono sempre stati impegnati in prima linea per la difesa della dignità della Giurisdizione con un esemplare senso dello Stato, ossia il Dott. Giuseppe Volpe e il Dott. Domenico De Facendis, collocati in quiescenza al termine di una straordinaria carriera.

Per il bene della Giustizia gli Avvocati ci sono sempre.

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