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A Bari una targa e un albero in memoria di Giovanni Palatucci, il Questore di Fiume che salvò migliaia di ebrei dall'Olocausto

Medaglia d'oro al merito civile, 'Giusto tra le nazioni', tra il 1937 e il '39 sottrasse al genocidio migliaia di ebrei. Arrestato, condannato a morte e deportato nel campo di sterminio di Dachau, vi morì il 10 febbraio 1945, a soli 36 anni

Anche Bari omaggia la figura di Giovanni Palatucci, l'ex Questore di Fiume eroe dell'Olocausto. Questa mattina, presso il giardino storico 'Isabella D’Aragona', la Polizia di Stato, in collaborazione con il Comune di Bari, ha piantumato un leccio con targa di intitolazione alla memoria dell'ultimo Questore di Fiume, Medaglia d’oro al Merito Civile, riconosciuto “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato dal genocidio migliaia di ebrei. Alla cerimonia era presente anche il vicesindaco di Bari, Eugenio Di Sciascio. 

Nato a Montella, in provincia di Avellino, nel 1909, Palatucci conseguì la laurea in giurisprudenza presso l'Università di Torino e, nel 1936, giurò come volontario Vice Commissario di Pubblica Sicurezza. Nel 1937 venne trasferito alla Questura di Fiume come responsabile dell'Ufficio Stranieri e, successivamente, divenne Commissario e Questore reggente. In quel contesto, riuscì salvare oltre 5000 ebrei dai campi di sterminio.

Per onorare la sua memoria è stato piantumato un albero all’interno del Giardino Storico Isabella D’Aragona, proprio di fronte alla via di accesso della Questura di Bari. Nel corso di una breve cerimonia, alla presenza del Prefetto, del Questore, del Vice Sindaco di Bari e delle principali Autorità religiose, civili e militari, è stata scoperta una targa commemorativa, benedetta da Monsignor Giuseppe Satriano - Vescovo dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto.

Nel suo intervento il Questore di Bari, Giuseppe Bisogno, ha sottolineato come, a seguito dell’emanazione delle leggi razziali antisemite, Palatucci si schierò immediatamente in favore dei cittadini ebrei, ma anche di tutti coloro che erano in fuga da altre nazioni e transitavano per il confine istriano.

Nel 1939, Palatucci sottrasse alla cattura della Gestapo una nave con 800 fuggiaschi ebrei, nascondendoli temporaneamente presso il Vescovado di Fiume. Migliaia i perseguitati da lui instradati all’estero con ogni stratagemma possibile, verso Paesi liberi; in tanti, gli ebrei smistati nel campo di raccolta di Campagna, in provincia di Salerno, dove grazie alla presenza del Vescovo Giuseppe Maria Palatucci, zio di Giovanni Palatucci, veniva loro riservato un trattamento improntato ad autentica umanità.

Arrestato dalla Gestapo il 13 settembre 1944, fu condannato a morte e deportato nel campo di sterminio di Dachau, dove morì il 10 febbraio 1945, a soli 36 anni. Giovanni Palatucci, definito dai cittadini ebrei giusto tra i giusti, con la sua bontà, il coraggio e l’abnegazione ha esaltato le migliori tradizioni della sua terra d’origine ed ha splendidamente onorato la Polizia italiana. 

"Siamo qui per ricordare l’eccidio delle foibe, una pagina drammatica della nostra storia troppo a lungo passata sotto silenzio - ha dichiarato Di Sciascio -,  un silenzio che ha negato dignità e pace alle migliaia di vittime di un odio cieco che per decenni ha impedito di rivelare la verità. Per questo è fondamentale ricordare, affinché il sacrificio di tutte le persone cadute per mano del fanatismo e della ferocia abbia il rispetto che merita, e perché questi orrori non tornino a ripetersi mai più. Rendiamo omaggio alle vittime delle foibe e ai loro familiari per risarcirli almeno del diritto al ricordo, consapevoli che la memoria è un atto indispensabile per ogni democrazia che voglia definirsi tale. La Puglia, nei mesi e negli anni successivi all’eccidio, fu luogo di accoglienza per molti profughi istriani in fuga dalle persecuzioni del regime comunista jugoslavo. A Bari, nell’ex campo Badoglio, in via Napoli, vissero a lungo, in condizioni precarie, centinaia di famiglie giuliano-dalmate che solo nel 1956 trovarono una sistemazione definitiva proprio qui, nel Villaggio Trieste, che resta la testimonianza urbanistica di quel dramma. Le foibe e l'esodo forzato sono stati il frutto avvelenato del nazionalismo e delle ideologie totalitarie che hanno segnato gran parte del Novecento, ed è questo il motivo per cui dobbiamo non solo ricordare ma soprattutto agire ogni giorno nel rispetto dei valori sanciti dalla nostra Costituzione, per contrapporre ai troppi rigurgiti di odio e discriminazione una prospettiva di pace e di giustizia, nel rispetto di ogni differenza".

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