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Malattie epatiche, scienziati baresi inventano un esame medico per la diagnosi precoce del 'fegato grasso'

La ricerca, coordinata dal professor Portincasa dell'ateneo barese, è stata illustrata sulla prestigiosa rivista 'European Journal of Internal Medicine': lo studio ha messo a punto un metodo clinico per individuare la steatosi, la più frequente patologia cronica del fegato

Lo studio ha permesso di definire un percorso di diagnosi rapida della steatosi epatica, la più frequente malattia cronica del fegato che affligge circa un quarto della popolazione adulta mondiale. La ricerca, coordinata dal Piero Portincasa, docente del Dipartimento di Medicina di Precisione e Rigenerativa dell’Università di Bari e Direttore della Clinica Medica Murri, è stato appena pubblicato in European Journal of Internal Medicine, importante rivista ufficiale della European Federation of Internal Medicine: l'approfondimento scientifico è l'ennesimo contributo della scuola internistica barese sullo studio del fegato grasso per una diagnosi precoce non-invasiva di alterazioni funzionali epatiche.

Spesso associata a sovrappeso, obesità, diabete e altre malattie metaboliche, la steatosi epatica 'non alcolica' può in alcuni casi evolvere verso forme più gravi come la fibrosi, la cirrosi epatica e l’epatocarcinoma. Lo studio dell'ateneo barese è stato condotto in collaborazione con la professoressa Paula Macedo, leader del gruppo di ricerca della istituzione portoghese Associação Protectora dos Diabéticos de Portugal a Lisbona.

Il titolo originale del lavoro è 'Liver fat accumulation more than fibrosis causes early liver dynamic dysfunction in patients with non-alcoholic fatty liver disease' e gli autori sono Agostino Di Ciaula, Harshitha Shanmugam, Rogério Ribeiro, Ana Pina, Rita Andrade, Leonilde Bonfrate, João F. Raposo, M. Paula Macedo e Piero Portincasa.

"Grazie all’impiego dei cosiddetti 'breath test' - ha precisato il professor Portincasa - e ad una attenta valutazione internistica dell’asse metabolico intestino-fegato, è possibile diagnosticare alterazioni epatiche ancora in fase sub-clinica. Questi risultati arricchiscono l’esperienza maturata dal nostro gruppo di ricerca negli ultimi anni, nel contesto di importanti progetti europei Horizon 2020 che hanno portato lustro, finanziamenti e giovani ricercatori internazionali alla nostra università".

"I risultati dimostrano che l’iniziale accumulo di grasso nel fegato - ha spiegato il dottor Agostino Di Ciaula, primo autore della pubblicazione - molto prima che compaia la temibile fibrosi, è causa a livello epatico di ridotta estrazione e metabolizzazione di specifiche molecole 'marcate' con l’isotopo stabile non radioattivo '13C'. Dopo ingestione le molecole sono trasportate dall’intestino verso il fegato e l’isotopo può essere misurato nel respiro. Queste evidenze hanno importanti implicazioni in prevenzione primaria e secondaria della steatosi, perché siamo in uno stadio di malattia ancora reversibile, a patto che si impieghino approcci adeguati e tempestivi".

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