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Tumori renali, scienziati baresi scoprono un marcatore del sangue per la diagnosi precoce

I risultati della ricerca condotta dall’Unità di Urologia, Andrologia e Trapianto dell’Università di Bari sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista International Journal of Molecular Sciences: individuata la proteina 'Mucina 1' come fattore chiave nello sviluppo del carcinoma renale

Sono stati  pubblicati sull’ultimo numero della rivista International Journal of Molecular Sciences i risultati di un'importante ricerca svolta dall’Unità di Urologia, Andrologia e Trapianto dell’Università di Bari 'Aldo Moro': i ricercatori e chirurghi dell’Università del capoluogo pugliese hanno identificato e caratterizzato dal punto di vista molecolare, un particolare sottotipo di carcinoma renale con caratteristiche di alta aggressività.

I dati della ricerca barese dimostrano come la proteina Mucina 1 sia un fattore chiave nello sviluppo di forme particolarmente aggressive di carcinoma renale, e suggeriscono che la sua forma circolante nel sangue possa essere utilizzata come marcatore tumorale. Secondo gli scienziati dell'ateneo barese, si potranno così realizzare nuovi farmaci a bersaglio molecolare per curare questa patologia, basati sugli inibitori di Mucina 1. 

È stato evidenziato che quei tumori renali che iper-esprimono una particolare proteina di membrana chiamata Mucina 1, presentano peculiari alterazioni del metabolismo cellullare e possono essere identificati attraverso il dosaggio di un marcatore presente nel sangue. Questo marcatore conosciuto col nome di Ca15-3, è ampiamente utilizzato nella pratica clinica per la diagnosi e il follow-up delle donne con tumore della mammella. Poiché deriva dalla Mucina 1, i ricercatori baresi hanno scoperto che i suoi livelli si presentano alterati anche in quella sottopopolazione di pazienti con forme più aggressive di carcinoma renale. Questa scoperta è stata validata in una popolazione di quasi 500 pazienti tutti operati presso l’Unità Operativa di Urologia Universitaria del Policlinico di Bari. Gli autori sono Giuseppe Lucarelli, Monica Rutigliano, Davide Loizzo, Nicola Antonio di Meo, Francesco Lasorsa, Mauro Mastropasqua, Eugenio Maiorano, Cinzia Bizzoca, Leonardo Vincenti, Michele Battaglia, Pasquale Ditonno.

Il carcinoma renale a cellule chiare rappresenta il tumore maligno più frequente del rene ed uno dei tumori più aggressivi dell’uomo. La mancanza di sintomi specifici e la sua spiccata resistenza ai farmaci chemioterapici lo rendono uno dei tumori più difficili da diagnosticare e da trattare. Ad oggi i meccanismi molecolari che ne causano lo sviluppo e la progressione non sono stati ancora completamente chiariti. Inoltre la eterogeneità biologica e clinica di questa malattia ne incrementa la sua complessità in considerazione anche del fatto che ad oggi non ci sono marcatori che siano di ausilio nella diagnosi precoce e nella identificazione di quei pazienti a rischio di sviluppare una recidiva della malattia.

Lo studio dei ricercatori baresi si basa sull’osservazione del carcinoma renale come malattia metabolica: spesso, infatti, si sviluppa in forma aggressiva proprio in quei pazienti che presentano alterazioni del metabolismo come sindrome metabolica, diabete, obesità,  insufficienza renale. Il gruppo barese è stato tra i primi al mondo a studiare questo tumore dal punto di vista del metabolismo cellulare e a identificare una serie di nuovi marcatori che potranno essere di ausilio nella diagnosi precoce e nell’identificazione di quei pazienti a rischio di sviluppare una recidiva della malattia dopo l’intervento chirurgico a scopo curativo.

La chirurgia rimane il trattamento fondamentale per il controllo di questa malattia anche nelle forme più avanzate. L’introduzione della tecnologia robotica, ampiamente utilizzata dagli stessi autori dello studio per il trattamento mininvasivo di questo tumore, in associazione alle nuove terapie a bersaglio molecolare ha rappresentato un ulteriore avanzamento nella cura e nel trattamento di questa malattia.

I risultati ottenuti da questa ricerca hanno importanti implicazioni non solo dal punto di vista della conoscenza dei meccanismi alla base dello sviluppo dei tumori renali, ma presenta importati ricadute dal punto di vista clinico perché ha consentito di identificare un marcatore di aggressività facilmente dosabile attraverso un banale prelievo di sangue ed inoltre pone le basi per lo sviluppo di terapie che riconoscano la Mucina 1 come bersaglio molecolare di nuovi farmaci.

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