Trivelle in mar Adriatico, Emiliano sulla sentenza della Corte Ue: "Ricorso non respinto, palla passa a Consiglio di Stato"
"Adesso - sostiene il governatore - in compresenza di più autorizzazioni su aree contigue, in termini cumulativi, sarà più difficile ottenere una valutazione di impatto ambientale positiva"
"Il ricorso della Regione Puglia non è stato respinto perché la palla è ritornata al Consiglio di Stato che deve ancora decidere. Adesso in compresenza di più autorizzazioni su aree contigue, in termini cumulativi, sarà più difficile ottenere una valutazione di impatto ambientale positiva": ad affermarlo è il governatore della Puglia, Michele Emiliano commentando la decisione della Corte di Giustizia europea sul caso che ha visto la Regione ricorrere contro le quattro concessioni ottenute nel mare Adriatico, al largo della costa pugliese, dalla società australiana Global Petroleum.
"Se è vero - aggiunge Emiliano - che la normativa italiana, che consente ad uno stesso operatore di richiedere e ottenere più autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi, non contrasta con il diritto dell'Unione è anche vero che in sede di valutazione dell'impatto ambientale deve essere valutato anche l'effetto cumulativo dei progetti che possono avere un impatto notevole sull'ambiente. Adesso - sostiene Emiliano - in compresenza di più autorizzazioni su aree contigue, in termini cumulativi, sarà più difficile ottenere una valutazione di impatto ambientale positiva. La Corte di Giustizia ha indicato al giudice nazionale la necessità, sotto il profilo ambientale di verificare se siano stati considerati gli effetti cumulativi dei progetti oggetto di giudizio".
Sulla sentenza interviene anche il costituzionalista dell'università di Teramo Enzo Di Salvatore, promotore del referendum sulle trivelle nel 2016, consulente di alcune regioni adriatiche per la materia: "La sentenza -scrive in un post su facebook ripreso dall'Ansa - non è affatto inutile, poiché chiarisce, semmai ve ne fosse stato bisogno che la "Via" per permessi contigui impone che si consideri sempre l'impatto che l'esercizio di tali attività hanno cumulativamente sull'ambiente, che tutti i titoli sono esclusivi e che lo sarebbe anche il "permesso di prospezione" (cosa che in Italia non è); e, infine, che il problema non riguarda tanto l'estensione territoriale dei titoli, quanto la durata degli stessi. È la loro durata a porre problemi di compatibilità con la libera concorrenza; ed è per questo che proroghe eterne - come accade in Italia per le concessioni di coltivazione - non sarebbero legittime" conclude.