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I vaccini anticovid ai bambini, il dibattito e la deriva degli insulti: no, sui social non vale tutto

Una breve riflessione su quanto accaduto ieri sulla nostra pagina Facebook, dopo la pubblicazione dell'intervista a un pediatra barese sul tema dei vaccini ai bambini tra i 5 agli 11 anni

Cari lettori, ieri abbiamo pubblicato un'intervista al pediatra barese Antonio Di Mauro, sul tema dei vaccini anticovid ai bambini tra i 5 e gli 11 anni. Un argomento quantomai dibattuto, sul quale avevamo pensato di dare un contributo qualificato, chiedendo, appunto, a un medico, di analizzarne alcuni aspetti. A un medico, non alla prima persona che ci fosse capitata a tiro. Perché quando le questioni sono complesse, ascoltare gli esperti è l'unica cosa che può fare da bussola. Il vaccino anticovid per i bambini (lo ricordiamo in ogni caso) non è obbligatorio. L'intento dell'intervista era quello di comprendere, insieme a un pediatra (giusto per capire, voi a chi vi affidate quando si tratta della salute dei vostri bambini?), perché eventualmente decidere per la vaccinazione, magari aiutando i genitori a rispondere a legittimi dubbi e perplessità. Dare un contributo a un dibattito, sviluppare un confronto. Un confronto, appunto. E invece no. Quello che è accaduto tra i commenti al post dell'intervista, sulla nostra pagina social, è stato tutt'altro, qualcosa di inqualificabile. Una valanga di commenti offensivi, volgari, spesso sconfinanti nella diffamazione. Una vera e propria 'tempesta di fango' (risparmiamo altri termini, che pure renderebbero ancora meglio l'idea) che come in un vortice ha risucchiato e annullato la discussione sana, il confronto che sarebbe potuto nascere (che auspicavamo sarebbe nato) da quel post. Perché - il punto sia chiaro - se è legittimo esprimere dubbi, porre obiezioni o dissentire, inaccettabile è invece cadere negli insulti, nelle volgarità, nelle più becere e ignoranti uscite. I commenti degli immancabili 'leoni da tastiera', degli esperti tuttologi con le loro verità 'pret a po(s)ter', hanno trascinato via anche quelli di chi, garbatamente, aveva provato a porre una domanda, o semplicemente a dire la propria. Decine, centinaia di commenti, che si sono moltiplicati alla velocità della luce, rendendo ardua anche la stessa moderazione da parte nostra. 

Certo, quando si tratta di Covid e ancor più di vaccini, a certi meccanismi siamo nostro malgrado abituati. E forse è stato troppo, illudersi di poter contribuire a un dibattito, a una riflessione, affidandosi ai social, dove non esiste discussione ma tutto funziona per tifoserie opposte ('no vax - pro vax', tanto per dirne una, restando in tema), fino a che la violenza verbale non annulla il senso di qualsiasi discorso. O forse no, perché sui social non vale, non può valere sempre tutto: anche le ingiurie, le parolacce, le offese, le bufale, le affermazioni diffamanti. Forse vale la pena ricordare che quella piazza virtuale, quello schermo e quella tastiera, non ci affrancano dal rispetto di qualsiasi regola. E per questo ci dispiace per quanti invece sotto quel post avevano commentato con pacatezza, anche dissentendo o ponendo domande (e magari si sono ritrovati a loro volta attaccati), così come per il medico divenuto assurdamente bersaglio delle offese. Quanto ai 'leoni da tastiera', siamo certi che non mancheranno, con assoluta puntualità, di palesarsi adeguatamente e con grande zelo anche tra i commenti a questa riflessione. Da parte nostra, anche per loro, continueremo, come ogni giorno, a cercare di svolgere al meglio il nostro lavoro, sempre aperti al confronto e alle critiche, ma senza lasciare che la discussione superi gli argini del reciproco rispetto.

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