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Vaccini antiCovid, dosi a domicilio agli over80 ancora ferme. I medici di famiglia: "Non possiamo farle noi"

L'organizzazione intersindacale FP CGIL, SIMeT, SMI, SNAMI, UGS medici ribadisce come non si sia trovata una soluzione per Pfizer e Moderna. Pazienza: "Sono difficili da gestire, per AstraZeneca e simili siamo pronti"

“Lo ripetiamo: siamo disponibili a partecipare alla campagna vaccinale se organizzata al meglio, perché non siamo in grado di affrontare con i nostri mezzi le vaccinazioni Pfizer e Moderna”. Mentre il Consiglio regionale pugliese ha approvato la legge che rende obbligatoria la vaccinazione antiCovid per gli operatori sanitari e l’assessore alla Sanità Pierluigi Lopalco si è detto favorevole a utilizzare tutte le dosi a disposizione per completare le prime somministrazioni e rimandare di tre mesi il richiamo, in attesa che le forniture dei farmaci riprendano con vigore, non si registrano sostanziali passi avanti nell’organizzazione della campagna vaccinale. Lo confermano le parole di Francesco Pazienza, segretario regionale del Sindacato medici italiani (Smi) e portavoce intersindacale di un’aggregazione di cinque sigle, tra cui Cgil Medici. Dopo l’incontro di martedì 23 febbraio tra Regione e i rappresentanti dei medici di medicina generale rimangono diverse incognite organizzative a cominciare dalle vaccinazioni a domicilio per gli ultraottantenni. Il direttore Asl di Bari, Antonio Sanguedolce, nei giorni scorsi ha spiegato come per ora le richieste di somministrazioni a domicilio (circa 10mila su Bari) sono ferme proprio perché vanno organizzate le squadre con mezzi, personale e percorsi divisi per zone.

“Pfizer e Moderna – ribadisce Pazienza - sono vaccini di difficile gestione, ci vogliono frigo adatti, tempo e una certa preparazione, a cominciare dal trasporto. Per la campagna AstraZeneca e similari siamo invece pronti, in due mesi potremmo somministrare tutte le dosi a disposizione.  Ma non si può partire senza un’organizzazione precisa per gli altri. A nostro avviso – aggiunge – andrebbero coinvolti altri colleghi della medicina settoriale o del 118. C’è poi anche una questione economica. Nessuno farebbe questa attività con 6 euro e 17 centesimi decisi per dose, vale a dire per un’ora di lavoro. Ribadiamo comunque la nostra disponibilità per agire in fretta e in sicurezza questa per coprire al più presto il 60 per cento della popolazione”. Nei prossimi giorni è atteso un nuovo incontro con la Regione per cercare di fare nuovi passi avanti. Nel frattempo sempre i medici di famiglia si domandano perché non utilizzare ad esempio il personale delle Usca, rafforzando le unità, per vaccinare le persone più fragili, senza costringer loro a chiudere gli ambulatori.

“Questa campagna vaccinale bisogna farla in fretta – conclude Pazienza - più soldati sono in campo per raggiungere i risultati meglio è". Sull’argomento è intervenuto anche il sindacato (Spi) dei pensionati della Cgil, che ha posto in un documento una serie di quesiti rivolti a Regione, Comuni e Asl, nel quale si sottolineano luci e “tante ombre” nella campagna appena avviata. “Alla Regione – spiega il sindacato – chiediamo di fare in modo che si completi la fase delle prenotazioni con appuntamenti da contenere non oltre il mese di aprile, di sbloccare l’avvio delle vaccinazioni a domicilio per coloro che sono impossibilitati a muoversi, contattando gli anziani e fissando gli appuntamenti attraverso un sistema diverso da quello della telefonata con voce preimpostata e risposta digitale, di difficile gestione da parte delle persone poco avvezze all’utilizzo di strumenti elettronici, mentre sarebbe invece opportuno affidare questa fase ai medici di base e al contatto diretto e personale”.

Lo Spi chiede anche di completare l’apertura dei centri vaccinali in ogni Comune, per evitare il disagio degli spostamenti degli anziani spesso soli e senza nessuno che li possa accompagnare. Alle Asl di organizzare “il servizio vaccinazioni in centri attrezzati e rispettando gli orari di appuntamento, per evitare lunghe attese anche all’aperto e di notte, mettendo a repentaglio la salute di persone comunque fragili; di evitare che saltino gli appuntamenti con difficoltà successiva di recupero e di fare in modo di organizzare la vaccinazione in luoghi quanto più vicini all’abitazione degli anziani evitando i trasferimenti”. Mentre ai Comuni si chiede di organizzare servizi taxi gratuiti, a partire dai centri più estesi e popolosi “per garantire il trasporto degli anziani che ne fanno richiesta”. Solo così, spiega il sindacato, si potrà passare alla seconda fase della campagna vaccinale.

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