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Giovedì, 28 Marzo 2024
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"Il batterio della Xylella in Italia grazie a una pianta di caffè": la conferma da uno studio assieme a ricercatori baresi

A confermare l'ipotesi della provenienza del killer degli ulivi dalla Costa Rica una ricerca condotta da scienziati in Italia, Francia e Stati Uniti pubblicato sulla rivista scientifica 'Nature', a cui ha partecipato la ricercatrice italiana Maria Saponari del Cnr-Ipspi di Bari

Il batterio della Xylella fastidiosa, che da anni sta devastando l'ovicoltura pugliese, è arrivato da una pianda di caffè giunta nel 2008 in Italia dalla Costa Rica: a confermare l'ipotesi della provenienza del killer degli ulivi è uno studio condotto da scienziati in Italia, Francia e Stati Uniti pubblicato sulla rivista scientifica 'Nature', a cui ha partecipato la ricercatrice italiana Maria Saponari del Cnr-Ipspi di Bari. Lo riporta l'Ansa.

Sotto la lente anche alcuni tratti genetici che potrebbero aver aiutato il batterio a diffondersi. "Xylella fastidiosa è un patogeno invasivo che può infettare almeno 595 specie di piante - spiega Saponari - scoperto in Europa nel 2013 provoca il cosiddetto Complesso del disseccamento rapido dell'olivo (Codiro), che fa seccare foglie, ramoscelli e rami, uccidendo rapidamente la pianta". Il nome fastidiosa deriva dalla difficoltà di coltivarla in laboratorio, contrariamente a batteri come l'Escherichia coli; ecco perché all'inizio dell'epidemia è stato difficile dimostrare che il batterio fosse la causa della morte degli alberi. Tra il 2013 e il 2017, gli scienziati hanno raccolto campioni di ramoscelli da più di 70 alberi infetti e hanno utilizzato un nuovo protocollo per estrarne il Dna batterico, concentrandosi sulla sua variabilità. "Più differenze vediamo nelle sequenze - precisa la ricercatrice - più a lungo Xylella deve essere stata in Italia, perché significa che ha avuto più tempo per produrre mutazioni mentre si adattava al nuovo ambiente e alla nuova specie ospite". E questo Dna è stato anche confrontato con quattro campioni costaricani di piante di caffè, che confermano l'idea che l'agente patogeno italiano provenga dall'America centrale.

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