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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Bari antifascista ricorda Benedetto Petrone

La vicenda di Benedetto «Benny» è tornata alla luce dopo un trentennio di sostanziale oblio: in occasione del trentennale, nel 2007 e, fin da subito ci è apparsa una “comparsata” a fini elettorali finalizzata, in ultima analisi, ad offuscarne i contorni.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BariToday

La vicenda di Benedetto «Benny» è tornata alla luce dopo un trentennio di sostanziale oblio: in occasione del trentennale, nel 2007 e, fin da subito ci è apparsa una "comparsata" a fini elettorali finalizzata, in ultima analisi, ad offuscarne i contorni. Per Benny, nonostante le molteplici testimonianze che parlavano di un branco, l'unico condannato fu il giovane missino Franco Piccolo, morto successivamente in carcere. Perché le nebbie delle mancate verità giudiziarie sui delitti fascisti a Bari come nel resto d'Italia sono state tantissime a partire da una delle prime stragi di Stato - quella del 28 luglio 1943 all'indomani della caduta, politica, di Mussolini - quando i fascisti spalleggiati dall'esercitò spararono per uccidere su una manifestazione che chiedeva la liberazione dei prigionieri politici fascisti. I primi spari arrivarono dalle finestre della sede fascista di via Nicolò Dall'Arca e mai nessuno ha indagato fino in fondo per punire i responsabili. La vulgata degli anni successivi all'omicidio di Benedetto tentò (com'è accaduto per casi analoghi in Italia) di consegnare l'agguato mortale a una rissa tra opposti estremismi, in cui teste calde si affrontavano sullo sfondo di una città tutto sommato tranquilla ed estranea alla violenza. Non era così: numerosi furono i dossier pubblicati che minuziosamente elencavano le violenze quotidiane dei missini in città, con vittime semplici passanti o militanti rei di passare in una particolare strada. Franco Intranò, che fu accoltellato quella sera insieme a Benny, lo raccontò in occasione del trentennale: "Quella sera tra le 19 e le 20 dalla Cattedrale ci muovemmo in gruppo per raggiungere altri amici che provenivano da piazza Garibaldi. Attraversammo piazza Chiurlia fino ad arrivare davanti al teatro Piccinni. Qui, mentre stavamo tornando a Bari vecchia, fummo aggrediti da quaranta persone con il volto coperto. Nella fuga generale Benedetto, che aveva problemi di deambulazione, rimase indietro e io fui l'unico a correre in suo aiuto. Nel difenderlo fummo colpiti da più mani, ma la magistratura ha fatto in modo che la responsabilità cadesse solo su Piccolo, dato poi per pazzo in giro per i manicomi d'Europa".
Anche quest'anno - esattamente come accadde 37 anni fa - ci saranno due commemorazioni: la prima - pomposa e ufficiale - delle onnipresenti autorità che ripeteranno, stancamente, la solita litania: Benedetto Petrone fu assassinato da un branco di fascisti. Esattamente il contrario di quanto l'omologo grappolo di autorità (sinistra compresa) preferì sostenere nei palazzi (al riparo dalle manifestazioni di piazza) l'anno dell'assassinio.
La seconda della, cosiddetta, sinistra antagonista e conflittuale che ribadirà quanto già detto all'indomani dell'omicidio: lo Stato attraverso la magistratura e con il tacito consenso della sinistra "ufficiale" e benpensante (ovvero la stessa che oggi, ipocritamente, lo commemora) ha fatto in modo che la responsabilità cadesse solo su Piccolo tralasciando di indagare sia sul clima di intimidazione precedente l'omicidio sia sul branco che, successivamente, compì impunemente altre aggressioni.

E' superfluo ribadire che l'Unione Sindacale Italiana sta con questi ultimi.
Di seguito il comunicato del comitato antifascista pugliese al quale l'USI-AIT Puglia aderisce.

USI-AIT Puglia

benny

Nessuno dimentichi, nessuno perdoni

Benedetto vive! nonostante una squadraccia fascista lo abbia colpito a morte il 28 novembre di 37 anni fa, tra le strade di quella Bari Vecchia che ha sempre abitato. Benedetto vive! nonostante non sia stata mai fatta chiarezza sulle molteplici mani infami ed assassine che lo raggiunsero.
Benedetto vive! nonostante l'operato della magistratura barese, che di quella vicenda dolorosa, fu parte attiva, ignorando con dolo le responsabilità del MSI e della Passaquindici e facendo in modo che, le responsabilità ricadessero su di uno squilibrato, morto successivamente in carcere in circostanze misteriose.

Bendetto era un comunista, un operaio, un barivecchiano antifascista che lottava contro la desertificazione del suo quartiere a favore dei futuri quartieri ghetto in via di costruzione alla periferia della città e fu ucciso al termine di una strategia della tensione che vedeva i quartieri della città infestati da bande fasciste. Dalla sede della Cisnal, dalla Passaquindici, dai loro posti di ritrovo, il Bar Esperia, il Bar degli Amici, la Casa della Panna o negozi quali Al Kazar e Disco mix partivano le squadracce fasciste che imperversavano in città, colpendo comunisti, militanti e operai, al soldo e in connivenza con chi, al governo della città all'epoca, aveva deciso del destino e della cittadinanza di una intera comunità.
Sono passati 37 anni dall'omicidio di Benedetto Petrone, dall'omicidio di Walter Rossi e siamo qui a parlare di fascismo e antifascismo perché al di là della non curanza dei media e del silenzio agghiacciante della sinistra istituzionale e di governo (neanche nei casi più eclatanti come quello di Tor Vergara a Roma si usano le parole - razzismo, fascismo - quasi ad averne solo il timore di dover prendere in considerazione l'esistenza stessa dei termini e di ciò che rappresentano), i fascisti sono tornati per le strade.

Noi siamo ben consapevoli che i fascisti di oggi siano ben diversi dai fascisti degli anni 30 o degli anni 70, in quanto sempre più assoggettati e funzionali alle logiche del capitale. Difficile non vedere la radice "estetico-politica" che accomuna il fascista e il borghese neoliberale, nei provvedimenti che si ispirano alla cosiddetta tolleranza zero: la "nobile" crociata per la legalità spesso funziona come foglia di fico dietro la quale si nasconde la volontà molto più prosaica di ripulire la città da tutta le tipologie degli "inestetismi parassitari": emarginati, mendicanti, matti,fannulloni, barboni, tossici, nomadi, prostitute.
L'individuazione del nemico di turno da combattere: il migrante, l'omosessuale, il senza fissa dimora, da dare in pasto ai media come "pericolo" per la collettività è il perno sul quale costruire nuove "emergenze" per distrarre dai reali responsabili della povertà e dello sfruttamento diffuso, della distruzione della qualità delle nostre vite e dell'ambiente che ci circonda. Nazionalismo e razzismo sono strettamente interconnessi fra di loro, così come lo sono razzismo e sessismo, perché è proprio ciò che legittima le diseguaglianze reali, ciò che mantiene le gerarchie sempre esistenti, che i fascisti bramano e difendono, ricevendo sempre più consensi in una società decadente come "la nostra", sempre più ignorante, rinchiusa nelle proprie paure e diffidenze verso l'altro.
Il caso ignobile di Tor Sapienza, dove per fare proselitismo tramite posticci comitati di quartiere, i fascisti hanno attaccato fisicamente con lanci di sassi, ragazzini profughi di guerra ospiti del centro di accoglienza o l'infame aggressione, qualche giorno fa, nei confronti dei sostenitori e dei giocatori della squadra di calcio popolare l'Ardita, non sono altro che gli ultimi due episodi di una escalation al livello nazionale fomentata da organizzazioni di estrema destra e partiti razzisti.
Per noi, l'antifascismo è un valore che proviene da lontano perché abbiamo memoria di guerre passate, attentati nelle piazze e su i treni delle vacanze, di omicidi politici e aggressioni squadriste, ed è una pratica di mobilitazione permanente di controinformazione e di vigilanza, perché fra le strade baresi le svastiche, le celtiche, le scritte contro gli immigrati sugli autobus e nei pressi delle piazze oramai si confondono fra i TVB e i "ti amerò per tutta la vita".
Per ricostruire la linea della memoria che lega la morte di Benedetto e la successiva reazione popolare ed antifascista di quei giorni con gli avvenimenti di oggi, per parlare di come si può praticare l'antifascismo, vi proponiamo un ciclo di incontri, presentazioni, proiezioni e dibattiti all'interno degli spazi della Ex-Caserma Liberata che culmineranno con la giornata del 28 Novembre.
Contro i vecchi e i nuovi fascismi per una società, egualitaria, laica e solidale.
Contro le grandi opere, lo sfruttamento e la militarizzazione dei nostri territori al solo scopo di far guadagnare imprese private a scapito della collettività.
Contro il Jobsact, lo Sbloccaitalia e le politiche repressive del governo Renzi, inflessibili contro i deboli, i senza casa e gli antagonisti, e ubbidienti nei confronti di Banca Centrale, Confindustria e padronati vari.

Contro il silenzio sugli omicidi di stato, per svelare le complicità di magistratura e forze dell'ordine.

Invitiamo tutti e tutte alla giornata di mobilitazione antifascista, Venerdì 28 Novembre
ore 15.00 presso l'aula II, secondo piano, Palazzo Ateneo - I Giorni di Benedetto, una storia orale con i contributi di Enzo Telarico, Pino Perna, e Nicola Micunco, presenta Nicola Signorile.

Ore 18.00, concentramento Piazza Umberto MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA per le strade di Bari e di Bari Vecchia

Ore 21.00 Piazza Chiurlia Manifestazione di piazza con i contributi militanti di
Suoni Mudù, Acero Moretti e C.U.B.A. Cabbal

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