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Cronaca

Immigrato del Cie in sciopero della fame da 13 giorni: "Qui è un inferno"

Appello di un giovane tunisino: "Le condizioni di vita sono disumane. Non ci cambiano neppure le lenzuola e, ora che ha piovuto, dentro la struttura è tutto bagnato". Per dieci giorni se era serrato le labbra con un filo

"Sono ormai un cadavere, fatemi uscire da qui". Fatih, 30enne tunisino che vive nel Cie di Bari, in una telefonata all'Ansa, lancia il suo "ultimo appello" contro le "condizioni di vita disumane della struttura". Il giovane, per dieci giorni, ha tenuto un filo cucito alla bocca in segno di protesta e da 13 è in sciopero della fame e racconta di essere stato trasferito a Bari dal Cie di Ponte Galeria due giorni prima di conoscere l'esito della sua richiesta di protezione internazionale.

Protestava per i diritti "dei detenuti nel Cie - dice - e per questo mi hanno detto che la protezione potevo scordarmela". Il cittadino tunisino ricorda di essere arrivato "in Italia da bambino, nel 1987, con il passaporto, dopo essere fuggito dalla mia terra dove ero stato violentato", quindi, in Italia, aggiunge, "sono stato accusato di due piccoli reati che non ho commesso e ho scontato in tutto circa nove anni di carcere".

"Non ne posso più - dice ancora Fatih - fatemi sapere cosa ne sarà di me: qui le condizioni di vita sono disumane. Non ci cambiano neppure le lenzuola e, ora che ha piovuto, dentro la struttura è tutto bagnatoSono in sciopero della fame da 13 giorni - ricorda - e continuerò così finchè non uscirò da qui: non importa dove, ma voglio andare via dai Cie dove stiamo come gli ebrei ai tempi dei nazisti" conclude.

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