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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Molestata e sfregiata dal nipote del boss, in aula la testimonianza della vittima

Ad un anno di distanza dall'aggressione avvenuta in un noto locale notturno barese, inizia il processo che vede imputato il nipote del boss Di Cosola. La donna: "Il suo volto lo ricordo bene"

"Sono stata palpeggiata, insultata e colpita alla fronte. Insanguinata mi sono accasciata e poi ho perso i sensi per qualche istante. Non ricordo quello è successo dopo ma il suo viso l'avevo riconosciuto". Una notte in discoteca, in uno dei locali cittadini più famosi e frequentati, che si conclude con una brutale aggressione per aver rifiutato le avances di un uomo. A ricordare l'accaduto, la stessa vittima, Armida Lepore, 37 anni, che ieri è comparsa in aula per fornire ai giudici la sua testimonianza su quanto avvenne quella notte del 3 dicembre 2011.

Sul banco degli imputati, il 26enne Vincenzo Di Cosola, nipote del boss di Ceglie del Campo, imputato per violenza sessuale e lesioni. Quella notte, avrebbe avvicinato e palpeggiato la donna mentre usciva dai bagni della discoteca. Poi, al netto rifiuto della vittima, che aveva respinto le sue avances, l'avrebbe raggiunta al tavolino dove stava passando la serata con gli amici e l'avrebbe prima insultata, poi avrebbe versato sul viso il contenuto del bicchiere che stava sorseggiando. "Io ho reagito - ha raccontato Armida - versando su di lui il contenuto del mio bicchiere. A quel punto lui ha lanciato contro la mia testa, colpendo la parte sinistra della fronte, un oggetto di vetro, forse un portaghiaccio o una bottiglia".

Subito soccorsa, Armida Lepore è stata sottoposta ad un intervento chirurgico di oltre 4 ore. In seguito a quell'aggressione ha riportato una ferita al volto che le ha reciso un nervo, le ha atrofizzato il muscolo sopracciliare e ancora oggi le provoca continui mal di testa. Uscita dall'ospedale la vittima denunciò immediatamente il suo aggressore, che aveva conosciuto la settimana precedente, nella stessa discoteca barese, perchè era in compagnia di una sua amica. "Le avevo anche detto, in quella occasione, di non frequentare certa gente - ha raccontato Armida ai giudici riferendosi alla sua amica - le avevo detto che se non era una brava persona, come lei stessa diceva, doveva smettere di parlargli".

A pochi giorni dall'aggressione, Armida aveva anche denunciato pubblicamente l'accaduto in un'intevista al Corriere del Mezzogiorno, lanciando un appello al Comune e ai gestori dei locali per rafforzare la sorveglianza ed evitare che episodi simili si ripetessero ancora.

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