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Cronaca

Fatture false per accedere agli 'sconti' sulle tasse: maxi sequestro di 2,3 milioni di euro per due aziende baresi

L'indagine della Guardia di Finanza ha portato all'emissione del provvedimento del Gip del Tribunale locale che ha sancito il 'congelamento' dei beni nei confronti delle due società e dei tre amministratori: secondo l'accusa le imprese avrebbero contabilizzato inesistenti attività di ricerca

Gli amministratori delle imprese coinvolte avrebbero indicato, nelle dichiarazioni fiscali del 2018 e 2019, costi inesistenti (documentati da un consorzio di imprese romano), per un importo complessivo di 3,7 milioni di euro circa, relativi ad attività di ricerca e sviluppo. Le fatture false sarebbero servite anche per accedere al meccanismo fiscale dei crediti d’imposta. I Finanzieri del Comando Provinciale di Bari hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di beni, per un valore complessivo di circa 2,3 milioni di euro, nei confronti di due società, con sede nel capoluogo pugliese, esercenti l’attività di fabbricazione di prodotti per l’edilizia, nonché dei suoi 3 amministratori, quale profitto dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e indebita compensazione d’imposta.

Il provvedimento, emesso dal Gip del Tribunale di Bari, costituisce l’epilogo delle attività ispettive eseguite dalla locale Agenzia delle Entrate nei confronti delle società indagate e dei successivi mirati approfondimenti delegati al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria barese.

Secondo l’impostazione accusatoria le attività di ricerca e sviluppo inserite come costi nelle dichiarazioni dei redditi delle società non avrebbero rispettato le condizioni normative necessarie per beneficiare del credito d'imposta 
credito d’imposta riconosciuto alle imprese che investono nel settore, per mancanza dei requisiti di novità, creatività e incertezza, elaborati in ambito Ocse. Le attività contabilizzate dalle società, inoltre, si sarebbero rivelate inesistenti sulla base di plurimi indici di anomalia: ci sarebbero, infatti, reiterati inadempimenti fiscali da parte del consorzio romano che documentava l'attività, insufficienti pagamenti delle prestazioni fatturate da quest’ultimo, omessa documentazione dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti.

Considerato l’elevato valore indiziario degli elementi acquisiti dall’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, la Procura di Bari, in virtù della normativa che ha avanzato una richiesta di sequestro di beni e utilità, al fine di bloccare il vantaggio economico derivante dalla presunta evasione. Il Gip, aderendo alla richiesta, ha quindi emesso il decreto di sequestro preventivo dei beni nella disponibilità delle società baresi e, in subordine, dei suoi amministratori.

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