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Cronaca

Musica nei negozi, quella troppo famosa distrae dagli acquisti

Parte da due ricercatori baresi l'indagine che analizza il rapporto tra clienti e melodia negli ipermercati della grande distribuzione organizzata. Le canzoni meno note incentivano la spesa

Musica di sottofondo: se è poco famosa, migliori sono gli acquisti. E’ questo il risultato di un’indagine condotta dall’Università di Bari ‘Aldo Moro’ in collaborazione con Hec Montreal. Lo studio, che si è concretizzato nella tesi di Luca Petruzzellis (relatore e professore associato in Marketing dell’Ateneo del capoluogo pugliese) e della collega Ada Palumbo, ha analizzato e ricercato il fenomeno della musica di background in un reale contesto di vendita.

La ricerca mette in evidenza come la musica meno famosa, sempre presente nei negozi e nei punti vendita soprattutto della grande distribuzione organizzata, rispetto a quella strutturata in playlist di brani celebri e comparabili per genere e ritmo, è in grado di migliorare gli acquisti, anzi, li rende più utili e efficaci.

Dopo aver riportato numerose indagini precedenti, la tesi di Petruzzellis e Palumbo anzichè concentrarsi sui generi e i ritmi ritenuti più adatti a favorire gli acquisti nei negozi, ha puntato il suo focus sul compromesso tra musica famosa e non famosa. I due studiosi sono entrati nello stesso punto vendita a distanza di sette giorni (sempre lo stesso giorno, diciamo il mercoledì, per esempio) e in diverse fasce orarie.

Qui hanno intervistato i consumatori sull’adeguatezza percepita della musica rispetto al contesto. Ne è emerso che le melodie più conosciute (in grado di trasmettere sensazioni di maggiore “attivazione” e “vivacità”) finiscono con attirare l’attenzione su di se. Con quelle non famose, invece, c’è “un’attività cognitiva più intensa, con la conseguenza che, in queste condizioni, la determinazione nel portare a termine gli acquisti è più alta”.

E così per strada siamo andati anche noi e abbiamo chiesto ai passanti se la musica li distrae dagli acquisti negli ipermercati o grandi magazzini. “Si, mi distrae abbastanza, soprattutto se è ad alto volume”, ci risponde Francesca, 32 anni e una bambina di 20 mesi. “Quando vado nei negozi devo essere concentrata. Anche se sono melodie a me sconosciute, credo che la mia concentrazione si perda comunque”. Insomma, la musica distrae la signora Francesca ma la giovane Giusy, 27enne convivente, non la pensa così. “Meno male che c’è musica nei negozi. Sennò si sentirebbero troppo le voci degli altri”. La ragazza però ammette la tesi dello studio: “Beh, sì, se una canzone è conosciuta posso distrarmi più facilmente. Se sconosciuta, tendo anche a non farci tanto caso e mi concentro solo su ciò che devo comprare”.

Maria, 65enne residente al quartiere Libertà, dice: “Al mercato della Manifattura non c’è la musica”, ride ironicamente, lei che da anni, ci conferma, compra solo dalla piazza mercatale di via Nicolai: “La musica che c’è lì è la voce degli ambulanti”. Che la invitano a comprare. “Esatto. Mi fido solo di loro e della loro voce”.

Il signor Bruno, pensionato 73enne, accompagna all’ipermercato, una volta a settimana, la sua signora per fare la spesa. La musica che ascolta come sottofondo, gli chiediamo, la distrae dagli acquisti? “No, la gradisco, specie se non la conosco, cosa che capita molto spesso data la mia età e i miei antichi gusti musicali. Mi fa rilassare”. Ironico, il signore. La sua considerazione, quindi, dà valore allo studio dei due ricercatori: la musica sconosciuta favorisce gli acquisti, indipendentemente dal tipo di melodia. L’importante è che non si conosca sennò ci distrae.

 

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