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Cronaca

"Ucciso per paura delle rivelazioni" e gettato in un pozzo, omicidio Dellino: parla il pentito ex clan Strisciuglio

Il racconto è del collaboratore di giustizia Arturo Amore, 32 anni che ha illustrato come sarebbe stata decisa la morte del 29enne adepto del gruppo criminale, il cui cadavere venne rinvenuto nel 2013

"Gli voglio bene, non lo voglio uccidere, perché non siamo carne da macello, però se viene preso ha proprio la volontà di andare a collaborare con la giustizia, a dire i fatti". Il racconto è del collaboratore di giustizia Arturo Amore, 32 anni, ex affiliato al clan Strisciguglio, che ha illustrato come sarebbe stata decisa la morte di Giuseppe Dellino, 29enne adepto del gruppo criminale ritenuto inaffidabile, inizialmente sequestrato e rinchiuso in un casolare, quindi ucciso e gettato in un pozzo.

I resti del giovane, dopo anni di scomparsa, vennero ritrovati nel 2013. Le dichiarazioni sono state depositate nel corso del processo d'appello bis per il duplice omicidio del 29enne Vito Napoli, referente del clan Conte di Bitonto, e di Dellino, entrambi risalenti all'estate 2007. Nei mesi scorsi la Cassazione ha annullato con rinvio due condanne all'ergastolo e una a 30 anni di reclusione.

Secondo gli inquirenti, doppo l'omicidio Napoli il clan avrebbe deciso di eliminare Dellino, per timore che parlasse: "Fare questa cosa qua era facile, difficile moralmente, per quanto riguarda ammazzare un amico, però era facile da fare questa storia", spiega il pentito. Per l'accusa a ucciderlo e poi occultarne il cadavere sarebbero stati Giuseppe Digiacomantonio e un altro sodale, Giosuè Perrelli (anche per lui è stata annullata con rinvio la condanna a 30 anni di reclusione

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