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Cronaca

"La pagherai davanti a Cristo", il giudice dà ragione all'operaio licenziato

Aveva invocato la "giustizia divina" per il suo titolare che aveva deciso di trasferirlo ad Ancona, e per questo era stato licenziato. Ma il giudice ne ha ordinato il reintegro: quella frase non rappresentava una minaccia di morte

Aveva invocato il giudizio divino sul suo titolare che gli annunciava il trasferimento ad Ancona, ma quella frase, spesso sentita nei discorsi intrisi di saggezza popolare, gli era costata il posto di lavoro. A riportare l'accaduto è oggi la Gazzetta del Mezzogiorno. "La pagherai davanti a Cristo per quello che stai facendo", aveva detto l'operaio, un 50enne invalido al 47%, e il suo datore di lavoro aveva interpretato la frase come una minaccia sufficiente a giustificare il licenziamento.

Ma il giudice del Tribunale del lavoro non ha dato ragione all'imprenditore, ed ha invece ordinato il reintegro del dipendente. Il Tribunale, infatti, ha accolto la tesi del difensore dell'operaio, l'avvocato Ascanio Amenduni, considerando la frase pronunciata dal 50enne non come una minaccia che rappresentasse un reale pericolo per il titolare dell'azienda, ma come un'invocazione della giustizia divina pronunciata in un momento di ira e disperazione. Per quanto riprovevole e contrario alle regole del vivere civile, quindi, il comportamento del lavoratore non sarebbe stato di gravità tale da giustificare l'interruzione del rapporto di lavoro.



 

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