Rincari dei prezzi, a Bari nella 'top ten' degli aumenti burro, olio di semi e pasta
La rilevazione di Coldiretti Puglia sulla base dell'Osservatorio prezzi del Mise: per il burro segnalato un rialzo del 139% rispetto al mese precedente
Il rialzo dei prezzi di alcune materie prime alimentari, effetto della guerra in Ucraina (e non solo), pesa sempre più sul carrello della spesa. E' quanto rileva la Coldiretti Puglia, sulla base dell'Osservatorio prezzi del Mise che segnala ulteriori aumenti ad aprile risetto al mese precedente.
A Bari il burro – segnala l'associazione – "ha raggiunto prezzi stellari con +139% risetto al mese precedentela pasta +21%, l’olio di semi +51%, la passata di pomodoro +42%, la farina di frumento +7% e la mozzarella fior di latte +4%, mentre l’olio extravergine di oliva segna una diminuzione del prezzo del 15%".
"A tirare la volata – sottolinea la Coldiretti – sono i prezzi internazionali dei cereali cresciuti del 29,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 16,9%, lo zucchero aumenta di oltre il 12,6%, la carne del 13,6% ed i grassi vegetali sono balzati addirittura del 31% rispetto all’anno scorso anche per il crollo delle spedizioni di semi di girasole dall’Ucraina che è un grande Paese esportatore e per la decisione dell’Indonesia di sospendere le esportazioni di olio di palma, di cui il Paese e il primo produttore mondiale".
Se l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari durerà fino al 2024 come previsto da S&P Global Ratings nel rapporto ‘The Global Food Shock Will Last Years, Not Months’ le persone colpite da grave insicurezza alimentare nel mondo sono destinate a salire oltre i 200 milioni. "La guerra - rileva l'associazione - coinvolge infatti gli scambi di oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga. Una situazione che ha alimentato l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che – spiega la Coldiretti – si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori".
"L’emergenza – evidenzia ancora la Coldiretti – sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri. L’Italia negli ultimi 25 anni ha perso ¼ della propria superficie coltivabile per colpa dell’insufficiente riconoscimento economico del lavoro in agricoltura. Il risultato è che l’Italia è obbligata ad importare il 62% del grano per il pane, il 35% di quello necessario per la pasta, ma anche il 46% del mais e il 73% della soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.
Per Coldiretti occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.