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"La guerra in Ucraina taglia del 10% i mangimi agli animali": l'allarme degli allevatori pugliesi

Una situazione legata all'aumento dei costi dei mangimi e del blocco alle esportazioni di mais dall'Ucraina ed anche dall'Ungheria. La denuncia di Coldiretti e Cia Puglia

Per gli allevamenti pugliesi la guerra in Ucraina sta significando "la peggior crisi alimentare per gli animali dalla fine del secondo conflitto mondiale". A lanciare l'allarme è Coldiretti Puglia, seguita all'esplosione dei costi dei mangimi e del blocco alle esportazioni di mais dall'Ucraina ed anche dall'Ungheria. Una situazione che implica un taglio "fino al 10% le razioni di cibo a mucche, maiali e polli negli allevamenti pugliesi".

"La decisione degli allevamenti - sottolinea la Coldiretti - sta provocando effetti sulle forniture alimentari con riduzioni della produzione di latte, carne e uova in un'Italia che è già pesantemente deficitaria in tutti i settori dell'allevamento". "L'aumento di mais e soia - prosegue - sta mettendo in ginocchio gli allevatori pugliesi che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l'alimentazione del bestiame (+40%) e dell'energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili". Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l'ultima indagine Ismea, "un costo molto superiore rispetto al prezzo riconosciuto a una larga fascia di allevatori" a parere dell'organizzazione degli agricoltori e allevatori. "Siamo di fronte ad una nuova fase della crisi, dopo l'impennata dei prezzi arriva il rischio concreto di non riuscire a garantire l'alimentazione del bestiame, quando sono da salvare in Puglia 185mila bovini, 197mila ovini e bufalini e 24 mila suini", spiega Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia. 

A confermare l'aumento dei prezzi per il settore è anche la Cia Puglia. "I costi sono diventati una follia, è in atto una speculazione feroce, in tre giorni il prezzo del mais che occorre agli allevamenti per nutrire il bestiame è passato da 35 a 60 euro al quintale, l'ultimo prezzo rilevato stamattina 10 marzo. A queste condizioni, le stalle dovranno chiudere e il bestiame portato al macello prima che deperisca per mancanza di nutrimento". A spiegarlo all'AdnKronos è Angelo Miano, allevatore di Lucera, in provincia di Foggia, e associato Cia Agricoltori della Puglia, che espone un caso esemplare e drammatico di ciò che sta accadendo in tutta la regione. Prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, la situazione era già difficilissima, adesso sta raggiungendo un punto di non ritorno. "Gli allevatori di Bari, Taranto, Lecce, Brindisi, Foggia, come quelli della Bat - spiega la Cia -  si trovano in una condizione di drammatica difficoltà, posti di fronte al dilemma se chiudere o indebitarsi fino al collo per sostenere gli allevamenti. I danni sarebbero incalcolabili, con effetti irreversibili nella maggior parte dei casi". Il farinaccio, altro prodotto utilizzato dagli allevatori, è salito da 12 a 30 euro in pochi giorni. Stessa cosa per i mix di mangimi all'interno dei quali sono utilizzati, ad esempio, il favino e il pisello proteico. L'aumento dei costi per questi prodotti, così come quello degli integratori alimentari per il bestiame, sta registrando incrementi che arrivano anche al 100%.

A rischio collasso c'è l'intero comparto lattiero-caseario pugliese che conta oltre 2mila aziende con vacche e bufale, circa 3mila imprese con ovini e caprini da latte. In questo particolare settore, la maggioranza delle imprese si concentra nelle province di Bari e Taranto. Nel Foggiano e nel Barese si concentra la maggiore presenza di allevamenti ovicaprini. Il numero di capi allevati si attesta attorno ai 70mila bovini e bufalini, mentre registra oltre 300mila ovicaprini. Complessivamente, dunque, il rischio di non avere più le risorse necessarie a sfamare gli animali riguarda circa 370mila capi, considerando soltanto bovini, bufalini e ovicaprini.In poche settimane, gli effetti devastanti della crisi che colpisce gli allevatori si riverseranno anche sulle circa 200 unità di trasformazione e raccolta del latte in tutta la Puglia. Il latte raccolto a livello regionale è stato destinato alla trasformazione industriale di prodotti lattiero-caseari e recentemente ha portato all'ottenimento di oltre 108.000 tonnellate di latte alimentare (pari al 4% del totale nazionale), a poco più di 1.000 tonnellate di burro e a quasi 40.000 tonnellate di formaggi, per la gran parte attinenti la categoria 'freschi'. Il settore zootecnico regionale, considerato nel suo complesso, si compone di poco più di 9.000 allevamenti.

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