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Martedì, 23 Aprile 2024
Economia

Bosch tra la crisi del motore diesel e quella dei microchip, Uil: "Portare qui produzioni in eccesso in altri siti"

"La soluzione immediata – spiega il segretario Uilm Riccardo Falcetta – è quella della solidarietà infragruppo, gli stabilimenti di Brambate e Nonantola non hanno spazi per contenere le commesse"

Stretto tra la cassa integrazione che coinvolge oltre la metà dei suoi dipendenti e la crisi delle motorizzazioni diesel cui è legato per la realizzazione delle pompe, lo stabilimento Bosch di Bari vive una crisi dalla quale non sembra per il momento poter uscire. Crisi dettata anche dalla cosiddetta guerra del mercato dei microchip che porta alla carenza di componenti essenziali e l’innalzamento dei prezzi.

“Il problema da risolvere nell’immediato – spiega il segretario Uilm Riccardo Falcetta – è quello della solidarietà infragruppo. Lo abbiamo posto anche nell’incontro dello scorso 5 novembre a Milano tra le sigle sindacali di Bosch. Ci sono stabilimenti del Nord, come Brambate e Nonantola che, addirittura, non hanno spazi per contenere le commesse per utensili destinati ai trapani il primo e valvole per la componentistica e il movimento terra il secondo. Addirittura sono costretti ad assumere oltre un centinaio di lavoratori interinali e hanno difficoltà a trovare spazio per i loro macchinari che, in realtà, noi qui abbiamo e potremmo utilizzare nell’immediato per la produzione”. Non solo. Secondo il segretario Uilm ci sarebbero altri due problemi legati alla questione.

“Sappiamo che la Bosch si rivolge a ditte terze per la produzione di alcuni componenti – spiega ancora – non capiamo quindi perché non possa utilizzare la forza lavoro di Bari, dove con la turnazione non si riescono a coprire tre giorni a settimana. Alcune di queste ditte terze si trovano addirittura qui vicino, in Basilicata. Eppure noi anni fa facemmo un scelta dolorosa e allo stesso tempo coerente e coraggiosa quando ci opponemmo all’assunzione di 200 interinali qui nella zona industriale barese. All’epoca il lavoro c’era e le cose andavano bene, ma si sarebbe creata concorrenza non sana all’interno dello stabilimento. Oggi, invece, assistiamo all’opposizione a un eventuale accordo per lo spostamento di parte delle produzioni in eccedenza dal Nord a qui da parte di alcune sigle sindacali, che non comprendiamo. L’aumento del lavoro porterebbe anche all’aumento delle giornate lavorative, fermo restando che non si tratterebbe della soluzione definitiva del problema”.

La parte dello stabilimento che invece, se pur marginale, va bene, è quella dei motori delle bici elettriche. “La crisi dei microchip sta rallentando l’approvvigionamento ma con l’investimento di 21 milioni di euro da gennaio si produrrà la generazione 3 del motore, quella più commerciale, che venderà maggiormente. Ora si produce la 4 top di gamma”. Rimane quindi l’incertezza per il futuro, per il più importante insediamento industriale di Bari.

“Col Pnrr e la transizione energetica – aggiunge Falcetta – si dovranno scegliere le strade giuste per la conversione dell’azienda verso le produzione dell’elettrico avanzato e la ricerca di una strategia precisa attraverso anche il centro sviluppo Bosch qui presente. Perché il timore che, come è accaduto in altri siti in Europa, l’azienda decida di chiudere Bari non ci lascia affatto tranquilli”.

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