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Economia

L'impatto devastante della crisi coronavirus sull'economia pugliese: 69mila posti di lavoro e ventimila aziende in meno

Secondo i modelli previsionali di Unioncamere il totale delle imprese, nel 2021, potrebbe scendere a 359mila. Si dovrà attendere il 2025 per ritornare ai valori attuali

Ventimila imprese in meno con una perdita di 69mila posti di lavoro: è l'impatto devastante, previsto dal 'Sismografo' di Unioncamere Puglia, che si potrebbe verificare nella regione a causa dell'emergenza coronavirus

Secondo i modelli previsionali di Unioncamere il totale delle imprese, nel 2021, potrebbe scendere a 359mila. Aumenteranno anche per procedure procedure concorsuali (31mila) e le liquidazioni (71mila) per  un dato che andrà poi a rimpolpare l’andamento delle cancellazioni negli anni successivi al 2021. Quest'andamento sarà spalmato negli anni a venire: un terzo nel 2020, 2 terzi nel 2021 e andamento negativo con picco tra 2022 e prima metà 2023. Per tornare ai numeri attuali bisognerà aspettari il 2025. 

I settori più in difficoltà saranno attività edili, minerarie, commercio all’ingrosso e al dettaglio, turismo (servizi di alloggio e ristorazione, agenzie viaggi). All’interno del comparto manifatturiero, notevole l’influsso negativo su meccanica, mobili e moda. Le attività che registreranno un minor impatto saranno probabilmente chimica, elettronica, farmaceutica e –con qualche problema in più- agricoltura, pesca e servizi di informazione e comunicazione.

La Cgil: "Serve forte intervento dello Stato"

Il rapporto di Unioncamere Puglia è stato commentato dal segretario generale Cgil regionale, Pino Gesmundo, che chiede un "forte intervento dello Stato anche attraverso il sostegno dell’Europa a favore del sistema produttivo, dei lavoratori, per affrontare le emergenze sociali che emergono e si sommano ai già preoccupanti indici di povertà esistenti nei nostri territori”. 

“È evidente come alcuni comparti soffriranno più di altri, pensiamo al turismo e al suo indotto. e non crediamo sia un caso invece se tra quelli che soffriranno meno vi sono settori fortemente innovativi -continua Gesmundo -. Nello studio tra le variabili che influiranno su queste stime preventive viene indicata la consistenza e facilità di fruizione delle risorse che a ogni livello saranno messi a disposizione del sistema produttivo. Abbiamo un tessuto produttivo dove prevalgono le piccole imprese, quasi 500mila dipendenti pugliesi lavorano in realtà con massimo 9 addetti. Attività che hanno minori strumenti finanziari, manageriali e tecnologici per ripartire di slancio. Allora questa può e deve essere un’occasione per tutto il sistema anche per riorientarsi verso un modo nuovo di produrre, rispetto a organizzazione, lavoro e sostenibilità, ma anche verso settori diversi, innovativi e più competitivi, ad esempio raccogliendo nel manifatturiero la sfida della digitalizzazione”. conclude il segretario generale Cgil Puglia.

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