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Economia

Licenziato alla Skf di Bari dopo la perdita di una commessa, una campagna social lo difende: "Solidarizzate con noi"

Una foto ritrae gli attivisti col cartello con su scritto "Non si licenziano i diritti" per un provvedimento definito ingiusto: "Non ha rubato, non ha sabotato, non è stato negligente e ha lavorato in totale insicurezza sanitaria"

Il prossimo 2 aprile il Comitato contro i licenziamenti alla Skf di Bari difficilmente potrà riunirsi, a causa delle misure antiCovid, davanti ai cancelli del tribunale civile. È in programma la prima udienza del procedimento contro il licenziamento di Michele Glorioso, il 35enne operaio che dallo scorso anno è stato allontanato dall’azienda assieme a un collega, secondo la multinazionale svedese di componentistica per auto, per non aver osservato le “corrette” procedure di lavorazione, ossia di aver prodotto dei cuscinetti difettosi che, una volta inviati al cliente, sono stati prima inavvertitamente montati e poi smontati perché difettosi. Ciò avrebbe prodotto il rifiuto della commessa e un danno che si aggirerebbe attorno ai 300 mila euro. Motivo per cui il primo è stato liquidato alle soglie della pensione con una somma pattuita mentre il secondo, ancora giovane, è rimasto senza lavoro. Gli attivisti del Comitato hanno anche lanciato una campagna social con foto che li ritraggono mentre espongono un cartello in solidarietà dell’operaio con su scritto “Non si licenziano i diritti”.

“I due lavoratori – scrivono in un volantino gli attivisti del Comitato -  pretestuosamente licenziati non hanno rubato, non hanno sabotato, non sono stati negligenti, hanno continuato a lavorare in totale insicurezza sanitaria. Essi sono in realtà il capro espiatorio, l’anello debole, di un modello aziendale di organizzazione produttiva, esclusivamente basato su orari e ritmi di sfruttamento del lavoro imposti nei reparti produttivi”. Una condizione che Sabino De Razza, anch’egli attivista del Comitato contro i licenziamenti, condanna senza remore.

“Sulla linea di produzione – spiega – dalla quale sono usciti i prodotti difettosi erano in servizio sette lavoratori in tutto, non si capisce per quale motivo i due sono quelli sui quali si è rivalsa l’azienda. Non solo. Gli operai hanno contestato quelle motivazioni ed evidenziato come loro stessi avessero segnalato delle anomalie nel sistema, senza che la segnalazione fosse presa in considerazione. C’è di più – aggiunge De Razza, noi vediamo in questa vicenda anche le intimidazioni e le pressioni che le proprietà delle fabbriche e delle aziende fanno sui lavoratori. Per la zona industriale tra Bari e Modugno non si discute più di cosa si produce, come e quando, si gestisce solo una situazione sempre più delicata, basti pensare ai problemi non ancora risolti alla Bosch”.

Di qui l’appello affinché il maggior numero possibile di persone partecipi e condivida la campagna in solidarietà del lavoratore. “Il Comitato – si legge in un volantino -  è sorto per volontà di un gruppo di lavoratori e si rivolge a tutti i lavoratori, invitandoli a valutare insieme, tutte le questioni, anche più minute, che riguardano la condizione di lavoro, la sicurezza sui posti di lavoro, il salario insufficiente ai bisogni familiari. Il Comitato chiama tutte le organizzazioni sindacali aziendali, le organizzazioni sociali e politiche, i rappresentanti istituzionali, all’impegno contro ogni azione lesiva della dignità del lavoro, che possa manifestarsi attraverso la chiusura di reparti, lo stravolgimento dell’orario di lavoro per attuare forme di sfruttamento tendenti al minor costo e maggiore profitto”. Un messaggio che punta a scongiurare anche la fine del blocco dei licenziamenti imposto per l’emergenza pandemica.

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