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Om, gli operai bloccano ancora i cancelli: "Qui finché non ci daranno risposte"

Questa mattina l'ennesimo tentativo della Kion di portare via i carrelli dai magazzini dello stabilimento. Immediata la reazione dei lavoratori, che già venerdì scorso hanno bloccato l'ingresso di due tir

Ancora tensioni davanti ai cancelli dello stabillimento modugnese della OM Carrelli. Questa mattina l'azienda ha cercato nuovamente una volta di far entrare i camion in fabbrica per portare via gli ultimi carrelli rimasti in magazzino dopo lo stop della produzione.

MURO CONTRO MURO - I tentativi di svuotare i depositi dello stabilimento si stanno intensificando nelle ultime settimane: l'ultimo 'blitz' venerdì scorso, puntualmente respinto dagli operai che da mesi presidiano 24 ore su 24 i cancelli, proprio per evitare che i camion possano portar via le merci. E anche questa mattina i lavoratori sono intervenuti, creando un 'cancello umano' per bloccare l'ingresso dei tir: "I carrelli - dicono - sono l'ultimo appiglio che tiene ancora lo stabilimento tedesco nel capoluogo pugliese". Da due anni ormai l'azienda è chiusa, e dopo una serie di trattative fallite per la cessione dello stabilimento - l'ultima, nell'ordine di tempo, quella con Frazer Nash - i dipendenti dell'OM non hanno ancora risposte certe sul loro futuro. "Nessun camion entrerà fino a che non ci diranno che ne sarà di noi", assicurano compatti. Stamattina i cancelli dell'azienda sono aperti, ma i camion sono fuori: uno è parcheggiato di fronte e un altro vicino all'ingresso.

L'INDAGINE SUL PRESIDIO - Intanto i precedenti episodi verificatisi davanti ai cancelli dello stabilimento sono finiti nel mirino della Procura di Bari. La Digos avrebbe presentato una relazione su quanto accaduto lo scorso 2 luglio, quando i lavoratori hanno nuovamente bloccato l'ingresso in fabbrica di due camion; toccherà alla Procura decidere se quanto accaduto possa far configurare il reato di violenza privata. "Abbiamo saputo che la Digos ci sta filmando, - raccontano i lavoratori all'Ansa - sta prendendo le targhe delle nostre auto, e sta depositando denunce alla procura della Repubblica per resistenza: non ci saremmo mai aspettati che difendere il nostro posto di lavoro potesse diventare un reato". "Si dovrebbe pensare - affermano i lavoratori - a fare i nostri interessi non quelli della multinazionale tedesca Kion, proprietaria dell'azienda che ha lasciato 223 famiglie per strada da due anni".

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