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Economia

I problemi del commercio raccontati dai baresi: "Disincentivati dal caos del centro. Altri quartieri senza identità"

Sono i risultati del sondaggio realizzato dalla Troisi Ricerche e presentato nella sede di Confcommercio. "Bisognerebbe creare di un unicum tra 'quello che si può vedere' e 'quello che si può vivere' spiegano

Alta qualità dell'offerta, ma senza 'personalità, ovvero non valorizzando i quartieri nei suoi vissuti, storie e persone. Si potrebbe riassumere così lo stato del commercio barese, dai risultati del sondaggio realizzato dalla Troisi Ricerche e presentato questa mattina nella sede della Confcommercio Bari, alla presenza del presidente di Confcommercio Bari BAT Alessandro Ambrosi, e l'Assessore alle Attività Produttive del comune di Bari Carla Palone. Diversi i temi affrontati nelle interviste 'face to face' su 1000 consumatori (635 residenti a Bari e 365 residenti nei Comuni limitrofi) e 11 operatori commerciali: dalle zone della città preferite per fare shopping, alle motivazioni di scelta di ciascuna di esse; dalle abitudini di mobilità quando si va a fare acquisti agli ambiti su cui, a parere di Cittadini e Operatori Commerciali, l'Amministrazione dovrebbe intervenire con maggiore urgenza per rilanciare il commercio locale e renderlo parte integrante del tessuto cittadino, migliorando l'intero contesto urbano.

I risultati

I risultati dell'indagine hanno permesso di aprire una spaccato sul modo in cui i quartieri Murat, Carassi, Libertà e San Pasquale sono percepiti sia da coloro che non vivono a Bari sia da coloro che, invece, ci vivono e/o ci lavorano. Se, infatti, i quartieri Carrassi e San Pasquale vengono scelti per fare acquisti prevalentemente in virtù della loro accessibilità e della facilità di parcheggio, ma per il resto sono considerati "una zona della città come le altre" o "un punto di passaggio", il Libertà risulta ancora schiacciato (soprattutto nel caso di coloro che non vivono a Bari) da una reputazione fortemente respingente, che non tiene conto della sua storicità (la quale invece è ben presente nei baresi, che considerano la zona come "una quartiere da salvare").

Da questi dati si può, secondo gli stessi esercenti, ripartire per non disperdere il patrimonio della città, valorizzando - o, meglio, rivitalizzando - l'offerta commerciale in maniera coerente con il nuovo modo di pensare e di agire dei consumatori. Forti di un profondo orgoglio di appartenenza e nella consapevolezza che solo aggiornandosi e aggregandosi per sviluppare progetti comuni le attività commerciali "tradizionali" possono fronteggiare la concorrenza di centri commerciali e vendite online, gli esercenti baresi si offrono di lavorare fianco a fianco con l'amministrazione comunale ribaltando, quindi, alcune dinamiche del rapporto tra istituzioni e operatori commerciali che ancora oggi, soprattutto nei quartieri più periferici della città, vengono vissute come "impositive" se non proprio "punitive". Tre le linee di azione che essi individuano come prioritarie: diminuire la percezione di "caos" che, soprattutto per via della mobilità e dei parcheggi, disincentiva dal fare acquisti in centro, promuovere nuovi servizi per turisti e cittadini disseminati lungo tutto il tessuto urbano e di creare un unicum tra "quello che si può vedere" e "quello che si può vivere", nel rispetto delle specificità (il cosiddetto "genius loci") di ogni quartiere.

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