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Sabato, 20 Aprile 2024
Economia Gioia del Colle

Vertenza Ansaldo, il nuovo piano industriale non cancella le incertezze

L'azienda presenta la proposta per il rilancio dello stabilimento di Gioia del Colle, ma resta l'incognita relativa alla riduzione di personale. Il 5 marzo l'incontro a Bari con sindacati e Regione

La bozza del nuovo piano industriale per lo stabilimento Ansaldo di Gioia del Colle c'è, e la chiusura sembra ormai scongiurata, ma le incertezze per i lavoratori restano.

Nei giorni scorsi, al tavolo del Ministero dello Sviluppo economico, l'azienda ha presentato la sua proposta per il rilancio della fabbrica: un piano articolato su un biennio, per la riconversione delle attività dalla produzione di caldaie alla fabbricazione di componentistica avanzata. Con due richieste ben precise: l'erogazione, da parte della Regione, di un contributo sugli investimenti, e l'attivazione, per i due anni, della cassa integrazione straordinaria per i 197 dipendenti.

Le nuove attività prevedrebbero la produzione di bruciatori, serpentine in acciaio legato e corpi cilindrici mandrinati, il cui sviluppo in questi anni è avvenuto proprio nei centri ricerche Itea e Cca di Sofinter a Gioia, con un investimento complessivo stimato tra i 2,5 e i 4 milioni di euro. Verrebbero inoltre mantenute le attività di service e di revamping delle caldaie già installate.

Nella proposta dell'azienda, tuttavia, ci sono ancora dei punti da chiarire. A cominciare da quello relativo all'eventuale riduzione di personale. Al momento, si parla di circa 21 dipendenti che avrebbero i requisiti per il prepensionamento. C'è poi l'incentivo (circa 10mila euro) messo sul piatto da Sofinter per la mobilità volontaria, e la possibilità di trasferimento in altre sedi della società. Ma al di là di queste possibilità, resta da capire se al termine della ristrutturazione l'azienda sarà davvero in grado di impiegare tutti i lavoratori. A suscitare la perplessità dei sindacati sono i numeri relativi alle ore di produzione previste, che al momento non sembrerebbero sufficienti.

"Al netto delle persone che decidono di lasciare volontariamente, per chi rimane bisognerà dare una risposta occupazionale in prospettiva", commenta Antonio Pepe della Fiom Cgil. "Non è possibile pensare - sottolinea ancora Pepe - che si possano dare incentivi alle imprese riducendo la base occupazionale. Il consolidamento delle imprese attraverso i finanziamenti pubblici deve passare attraverso il consolidamento dei livelli occupazionali".

Per avere maggiore chiarezza sui numeri e sulle intenzioni dell'azienda bisognerà ora attendere il prossimo 5 marzo, quando in mattinata nella sede barese di Confindustria i vertici di Sofinter incontreranno i sindacati, mentre nel pomeriggio si terrà il vertice con la Regione. I lavoratori, intanto, restano in attesa.

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