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Economia

Om Carrelli, dalla chiusura al rilancio: illusioni e speranze in una storia di lotta lunga 5 anni

Ripercorriamo le tappe del calvario dei lavoratori dello storico stabilimento di Modugno, iniziato a luglio 2011 e giunto, si spera, al lieto fine con l'ultimo accordo dello scorso ottobre

Una vertenza praticamente infinita che si trascina ormai dal lontano 2011 tra proteste, scioperi, precarietà, speranze disattese e sorprese di rilancio, con tanta voglia di un futuro sereno, fatto di lavoro: la Om Carrelli è, purtroppo, un romanzo dalle pagine in gran parte tristi e con un lieto fine non ancora messo nero su bianco, da quel luglio di oltre 4 anni fa quando la Kion, azienda tedesca proprietaria dello storico stabilimento di Modugno, ne annunciò la chiusura a causa di previsioni negative sul futuro del settore e un conseguente taglio della produzione e dell'impianto pugliese. Una doccia gelata per i 320 lavoratori impiegati al tempo nel sito (adesso ne restano circa 200 in mobilità). Di lì è cominciata una lunga 'traversata' fatta di lotta sindacale e battaglie giocate sui tavoli della politica ma anche davanti ai cancelli dello stabilimento, giungendo fino all'ottobre 2015, con la firma dell'accordo per la riconversione industriale a cura della Lcv che produrrà auto con componentistica innovativa, investimento non ancora ufficialmente decollato e in via di perfezionamento. Qui ripercorriamo le principali tappe della vicenda.

LUGLIO 2011: IL PASSO INDIETRO DI KION - Tutto cominciò a luglio quando il management tedesco annunciò la chiusura dello stabilimento, nonostante mesi prima si fosse parlato di un possibile e mai avvenuto rilancio. La fine dell'estate non portò neppure i frutti sperati: saltarono infatti i tavoli di confronto istituzionale e Kion diede mandato a un'azienda di scouting per cercare un'azienda affinché rilevasse il sito e salvaguardasse i posti di lavoro.

L'ILLUSIONE AUTO ELETTRICHE - A dicembre una buona notizia diede speranza ai dipendenti: sembrava sul punto di andare in porto il progetto dell'ex ad di Bmw Italia, Saltalamacchia, per realizzare auto 'elettriche' con un livello di emissione basso, garantendo un passaggio diretto a una nuova società senza passare per la mobilità e mantenere gli stessi livelli retributivi. Un piano sulla carta soddisfacente la cui firma venne più volte rinviata, fino al passo indietro del marzo 2012: uno dei potenziali investitori rinunciò al progetto e di conseguenza la Kion optò per la messa in mobilità dei 285 lavoratori impiegati in quel periodo.

LA MOBILITAZIONE DEI LAVORATORI E LE ALTRE TRATTATIVE NAUFRAGATE - Dopo lo stop alle trattative gli operai decidono di scendere in piazza tra cortei davanti alle sedi regionali di via Capruzzi e del Lungomare. A giugno 2012, con la messa in mobilità, la scelta di intraprendere lo sciopero della fame mentre fioccavano incontri (interlocutori) con le istituzioni e i rappresentanti industriali. Al danno della precarietà anche la beffa di spiragli di soluzione volta per volta disattesi: prima, nell'autunno 2012, l'ipotesi mai decollata della QBell di Udine per produrre e assemblare Tv e Monitor, quindi il flop dell'accordo con l'inglese Frazer Nash che avrebbe lanciato l'impianto modugnese nella produzione dei taxi ibridi per la città di Londra. L'intesa, firmata a gennaio 2013, venne abortita 3 mesi dopo, in mancanza di un patto organico e completo.

IL PRESIDIO DAVANTI ALLA FABBRICA - La successiva estate fu rovente: gli operai decisero di allestire un picchetto ai cancelli della fabbrica per impedire alla Kion di portare via macchinari e attrezzature, come accadde per ben due volte nel mese di luglio. Camion fuori e lavoratori con le proprie famiglie insieme il giorno di Ferragosto, in un simbolico e amaro pranzo di lotta. Sullo sfondo un'ulteriore ipotesi, mai realizzata, per rilevare lo stabilimento attraverso una cooperativa di 14 imprenditori: difficile mettere d'accordo un paio di teste, figuriamoci un numero così elevato. All'orizzonte c'era però un'altra trattativa.

L'ACCORDO CON METEC DEL 2014 E L'ENNESIMO BUCO NELL'ACQUA - "Stanchi di teatrini istituzionali" i lavoratori cominciarono un altro anno di battaglia e sull'onda della mobilitazione social simile a quella per acquistare il Bari calcio, fallito da poco, arrivò, nel giugno 2014, una nuova intesa, stavolta col gruppo Metec, per la produzione di componentistica per automobili: tre mesi dopo era atteso il piano industriale, mai realizzato pienamente. Rinvii su rinvii che anticiparono il disimpegno ufficiale, nel mese di dicembre.

2015, ARRIVANO GLI AMERICANI - Qualche mese di buio assoluto e trattative sotterranee: a maggio dello scorso anno la (definitiva?) buona notizia con il progetto di Lcv Capital Management per la creazione tra Modugno e gli stabilimenti di Gioia Tauro, di un'auto con parti in materiali leggeri e innovativi. Un piano da 80 milioni di euro con la formazione e l'assunzione di tutti i circa 200 operai ancora in mobilità. Il tavolo interistituzionale occupa l'intera estate ma alla fine porta frutti importanti: a ottobre viene siglato l'accordo a Roma per la riconversione ma prima bisognerà definire i dettagli per ottenere il sì dell'agenzia governativa Invitalia al termine di una corposa istruttoria sulla fattibilità del piano presentato da Lcv, altrimenti l'investimento resterà bloccato. Per febbraio di quest'anno si attende il tanto atteso via libera. Intanto è praticamente giunto al termine il 5° anno di un incubo senza fine e la spada di Damocle dello stop alla mobilità previsto per giugno

 

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