“Best of PhEST”, una passeggiata tra mostre nell'Ex Deposito Carburanti di Monopoli
Delle 31 mostre che PhEST ha selezionato per la sua sesta edizione ce ne sono alcune dando vita alla mostra “Best of PhEST” che ha avuto l’onore, e l’onere, di esser allestita in un luogo unico e totalmente nuovo che il Comune di Monopoli ha deciso di trasformare in un grande contenitore culturale facilmente accessibile anche per chi arriva in treno.
Si tratta dell’Ex Deposito Carburanti, un luogo fuori dai vicoli del centro storico che da sempre è il cuore di PhEST, ma facilmente raggiungibile anche a piedi con una passeggiata di qualche minuto.
Iniziamo dagli street artist Eron e Danijel ?e?elj che con la loro Metamor sono intervenuti in residenza artistica sull’Ex Deposito Carburanti di Monopoli realizzando una danza lunga oltre 200 metri che rappresenta il ciclo della vita. Raccontata attraverso due tecniche artistiche molto differenti, questa danza tribale parla di metamorfosi ed elevazione, della fatica del corpo e della libertà dell’anima.
Ad aprire invece la passeggiata nella memoria di PhEST –
See Beyond the Sea è Enri Canaj nato nel 1980 a Tirana, in Albania e trasferitosi con la famiglia ad Atene, in Grecia, nel 1991 dove ha studiato fotografia alla Leica Academy di Atene. Enri ha lavorato nei Balcani, soprattutto in Kosovo e in Albania, e in Grecia, concentrandosi sulla migrazione e sulla recente crisi. I suoi lavori sono stati esposti in Grecia e nel mondo. Il suo lavoro Albania – A homecoming è stato protagonista della prima edizione di PhEST nel 2016 ed è un lavoro dedicato all’Albania che lui ha scoperto durante una serie di viaggi da solo e con la moglie che gli hanno consentito di conoscere il suo paese natale, le persone, la loro mentalità e le loro tradizioni, cercando di cogliere la vita di tutti i giorni. “Quello che ho trovato è un misto di modernità e tradizioni. Ho scoperto dei posti bellissimi, ma soprattutto ho conosciuto persone meravigliose, persone che lavorano sodo, semplici, con un grande cuore e molto interessate a conoscere cose nuove. Ciò che mi ha colpito di più è il forte senso della famiglia e la connessione tra le persone, che è presente ovunque. Vorrei mostrare la vita di tutti i giorni degli albanesi, e l’aspetto generale, ma anche i piccoli dettagli, apparentemente insignificanti di questo piccolo ma bel Paese. Spero che la gente abbia l’opportunità di conoscere l’Albania più a fondo, come la conosco io ora” sono le parole con cui lo stesso artista descrive il suo viaggio e i motivi del suo lavoro.
Dall’archivio 2017 arriva il progetto di Azadeh Akhlaghi By an Eye-Witness composto da 17 ricostruzioni di tragiche morti della storia iraniana. Ci sono voluti tre anni di ricerca per scegliere questi eventi, attraverso l’analisi di documenti segreti, fonti giornalistiche e radiofoniche, libri e articoli. E anche se le immagini sono fortemente cinematografiche, come fotografie ricordano l’arte religiosa del Rinascimento, le passioni e le agonie dei personaggi, congelati nel tempo. Nella drammatica fotografia di Azadeh, la storia e la memoria confluiscono nel mettere in scena i frammentati traumi della sua nazione, ricordando ciò che deve essere scordato, spietato nei confronti di ciò che dovremmo lasciare andare. La generazione di Azadeh sta esorcizzando questo percorso doloroso che sarebbe meglio scordare, poiché è imperdonabile. Azadeh Akhlaghi è nata nel 1979, lo stesso anno della rivoluzione iraniana, anno zero della Repubblica Islamica.
Il terzo artista in mostra è Daniel Ochoa de Olza (Pamplona, 1978) fotogiornalista pluripremiato, residente a Città del Messico e Madrid, che dal luglio 2017 ha deciso di concentrarsi su progetti personali a lungo termine, ospite dell’edizione del 2019 con il suo progetto La Maya: la festività della Maya deriva da riti pagani e risale, almeno, al Medioevo, quando compaiono le prime testimonianze scritte, sebbene si creda che la sua origine sia molto precedente. La Maya, il cui simbolismo di fertilità si combina con quello di prosperità agricola e pastorale, è una celebrazione della primavera. Il suo lavoro è stato realizzato nel paese di Colmenar Viejo, vicino a Madrid, dove ogni anno quattro o cinque ragazze vengono scelte come Maya tra le volontarie, alternandosi. Ogni bambina, tra i 7 e gli 11 anni, deve stare ferma, seria e in silenzio per un paio di ore su un altare disposto per strada e decorato con fiori locali e piante. La festività della Maya deriva da riti pagani e tradizionalmente si ritiene che questa figura dia il benvenuto al ritorno della natura dopo il letargo invernale, ma si dice anche che sia simbolicamente legata al passaggio da bambina a donna. Realizzando una serie di ritratti alle bambine Maya, Daniel Ochoa de Olza documenta questa tradizione che affonda le sue radici nel Medioevo.
Sempre dall’archivio 2019 arriva Vertical Churches che rappresenta una maniera unica di vedere le chiese del mondo a cura di Richard Silver, fotografo di viaggi originario di New York e che vive in Floria, specializzato nel vedere il mondo in maniera originale attraverso la sua fotografia. L’aver visitato 93 Paesi fino ad oggi gli permette di avere una visione fresca delle architetture del mondo. Le sue foto verticali di chiese sono state pubblicate in numerosi articoli, ed esposte in musei e gallerie in tutto il mondo. Il progetto Vertical Churches è iniziato a New York ed è in corso dal 2011. Da allora Silver ha fotografato oltre 400 chiese dal sud al nord America, Asia, Europa, Australia e Africa. Ogni panorama è composto da 5 a 7 immagini scattate verticalmente e non orizzontalmente come la maggior parte delle panoramiche. Questa tecnica permette allo spettatore di osservare la chiesa da un punto di vista privilegiato: dai banchi nel fondo all’altare, includendo il soffitto, spesso la parte della chiesa più bella e ricca di dettagli. Chiese e cattedrali sono le uniche strutture architettoniche che offrono una prospettiva da catturare con una panoramica verticale.
Chiude questo excursus Along The Break (lungo la frattura) di Roei Greenberg (PhEST 2019) sulle stratificazioni religiose tra Israele e Palestina i cui protagonisti, anche se non compaiono in nessuna delle immagini, sono gli esseri umani, i cui valori ideologici, religiosi e politici hanno cambiato fortemente il paesaggio in conflitto. Nato nel Kibbutz Yiftach, in Israele, nel 1985, usando una macchina fotografica di grande formato e pellicola, Roei trasforma relitti in monumenti, invitando a una lettura forense del luogo e creando una prospettiva fotografica stratificata; pittorico e poetico, intriso di empatia da un lato, ma tinto di ironia e toni ideologici di fondo dall’altra, offre una lettura critica del territorio che documenta. Per molti anni, il suo lavoro si è occupato della narrativa e dello spazio israeliani viaggiando ripetutamente lungo i suoi confini, e affrontando l’insieme complesso di emozioni nei confronti della propria “patria”. È lo stesso Greenberg a descrivere il suo progetto: “Questo lavoro è un tentativo di importare questo concetto nel ristretto territorio israeliano, un ironico intento di viaggio, alla ricerca dell’intersezione tra geografia, storia e biografia in quella terra di contraddizioni che ero solito chiamare ‘casa’. La Grande Valle del Rift o “la frattura sirio-africana” in ebraico, è una fossa geografica continua prodotta 35 milioni di anni fa dal movimento delle placche tettoniche. Questo fenomeno topografico che attraversa Israele oggi, ha creato il fiume Giordano, il Mar di Galilea, il Mar Morto e il Mar Rosso, e forma i confini fisici di Israele (con il Libano, la Siria a nord, la Giordania sulla frontiera orientale, e l’Egitto a sud). La Statale 90 è la strada più lunga di Israele (470 km) e segue il percorso terreno della “frattura” da nord a sud, da confine a confine. La frattura rappresenta l’aspetto fisico del fenomeno, ma io la utilizzo come piattaforma per il mio viaggio concettuale, come metafora dei miei sentimenti nei confronti del mio paesaggio nativo”.
Le mostre di PhEST sono sempre tutte visitabili secondo le indicazioni riportate qui di seguito.
Informazioni utili
APERTURA AL PUBBLICO
Dal 7 agosto al 1 novembre
OUTDOOR: 15 MOSTRE SEMPRE APERTE A INGRESSO GRATUITO
INDOOR: 16 MOSTRE APERTE AL PUBBLICO CON BIGLIETTERIA
Palazzo Palmieri: 14 MOSTRE
10-13 | 17-21
10-13 | 17-22 sabato e domenica
Chiuso il lunedì
INGRESSO CON BIGLIETTERIA
Chiesa di SS. Pietro e Paolo: 1 MOSTRA
10-13 | 17-21
10-13 | 17-22 sabato e domenica
Chiuso il lunedì
INGRESSO CON BIGLIETTERIA
Chiesa di San Salvatore: 1 MOSTRA
10-13 | 17-21
10-13 | 17-22 sabato e domenica
Chiuso il lunedì
INGRESSO CON BIGLIETTERIA
INGRESSO A TUTTE LE MOSTRE
Valido fino al 1 novembre 2021
L'accesso alle mostre indoor sarà consentito esclusivamente a chi è provvisto di Green Pass.
Le mostre in interni presentano, purtroppo, limitazioni di accesso per i disabili.
BIGLIETTO INTERO: 6 EURO
BIGLIETTO RIDOTTO: 4 EURO - Gruppi di 10 persone, studenti, soci FIAF, residenti del Comune di Monopoli
SCOLARESCHE: Dal 20 settembre al 1 novembre - Prenotazione info@phest.it - 2€ per studente incluso visita guidata
INGRESSO GRATUITO: Under 14 e giornalisti con tesserino (previo contatto con info@milaufficistampa.it)