Vernissage di Alessandro Capurso “Metamorphosi: la periferia che cambia”.
Martedì 15 settembre 2015 ore 17:00
Ex Palazzo delle Poste Roberto Narducci Piazza Cesare Battisti/Via Nicolai.
Orari della mostra 9:30-20:15; sabato fino alle ore 13:00; domenica chiuso; fino al 12 ottobre.
Vernissage di Alessandro Capurso "Metamorphosi: La periferia che cambia" .
Un viaggio intorno e dentro la periferia di Bari, osservando per comprendere una nova polis , fatta di colore e materia dove gli spazi prendono forma in tante nuove dimensioni. La periferia che diventa centro vitale per una nuova identità.
Franco Sortini per Alessandro Capurso.
Tutto intorno alle città si sono sviluppati i nuovi insediamenti urbani, per accogliere chi si trasferiva dalle campagne. Le grandi periferie sono diventate più grandi delle città stesse, pur rimanendo però estranee al centro urbano.
A volte mancano i più elementari servizi sociali. Si vive quasi in un deserto urbano dove la necessità di abitare un luogo supera il diritto di avere una vita migliore.
Francesco Erbani nel suo libro "Roma: il tramonto della città pubblica", si chiede: "Siamo sicuri che le trasformazioni avvenute o che stanno avvenendo a Roma vengono incontro a bisogni collettivi? O non sono, invece, l'effetto di strategie immobiliari che danno lustro e soldi ai privati e scaricano oneri sul pubblico recando un utile molto dubbio alla città?"
In effetti le periferie hanno ragione di esistere se al loro interno sono previsti, oltre alle residenze, anche i servizi, le attività commerciali e direzionali, gli uffici e parte di quelle funzioni pubbliche che non possono più rimanere nelle zone centrali di una città.
Queste grandi periferie, invece, assomigliano molto alla "terra di nessuno": una zona di confine tra la città, intesa come luogo di vita, scambio di rapporti sociali, divertimento, cultura e la campagna, non più intesa come luogo produttivo ma come spazio abbandonato.
Le fotografie di Alessandro Capurso ci accompagnano nella periferia di Bari che, invece, sembra volersi staccare di dosso l'etichetta di "terra di nessuno", per incollarsi quella di "città nuova".
Molto sapientemente Alessandro ha ricercato, in questo suo girovagare per la nova polis levantina, quei tratti distintivi di una nuova architettura, tralasciando la denuncia sociale, il degrado, l'abbandono, caratteri purtroppo ricorrenti delle ormai globalizzate periferie/quartieri dormitorio delle moderne città, indistintamente italiane o europee.
La globalizzazione, infatti, non ci fa più riconoscere le città che percorriamo, quasi come se fossero un'unica grande urbs.
Anche l'architettura è ormai conformata a stili direi economico/social/nazional popolari. Intendo dire che, salvo casi eccezionali e rari, anche gli architetti e i progettisti di questi nuovi insediamenti probabilmente non si sforzano più di tanto per ricercare armonie e benessere alla vista, piuttosto che disegnare palazzoni uguali e scontati.
Nel racconto fotografico dell'autore sono interessanti gli scorci delle nuove costruzioni con le gru e i cantieri, dove appare una texture urbana significativa, e le grandi superfici pareti/tavolozze dove i colori richiamano la luce mediterranea e ti prospettano una vita gaia.
Se osservi con attenzione la nuova metropolitana di terra sembra quasi una lunga cerniera, che invece di aprirsi e dividere due lembi di stoffa, pare voglia chiudersi per avvicinarli e unirli: la città nuova incontra quella storica.
Alessandro ci fa vedere una periferia diversa documentando e raccontando a suo modo il luogo, trasmettendoci non quello che è ma quello che lui ha capito.
E a cosa serve la Fotografia se non a trasmetterci emozioni e sensazioni uniche proprie del Fotografo?