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Aqp, dalla Consulta stop alla legge sulla ripubblicizzazione

La Corte Costituzionale dichiara illegittimi tre articoli della legge regionale sulla gestione del servizio idrico integrato. L'assessore Amati: "Sul tema dell'acqua bene comune serve intervento legislativo del Parlamento"

La Corte costituzionale boccia la legge sulla ripubblicizzazione di Aqp. La Consulta, infatti, ha dichiarato illegittimi tre articoli della legge regionale n.11 del 20 giugno 2011, intitolata 'Gestione del servizio idrico integrato. Costituzione dell'Azienda pubblica regionale 'Acquedotto pugliese - Aqp''.

In particolare, secondo il giudizio della Suprema Corte, non è possibile affidare direttamente, con una norma di legge, la gestione del 'Servizio idrico integrato' ad un ente pubblico regionale controllato dalla stessa Regione, così come viola competenze dello Stato il subentro dell'Azienda pubblica regionale 'Acquedotto pugliese' (Aqp) nel patrimonio e nei rapporti della Acquedotto pugliese spa; viola tra l'altro il principio della selezione per concorso nel comparto pubblico anche il relativo passaggio dell'organico dalla vecchia società all'azienda pubblica.

A sollevare la questione  della legittimità costituzionale della legge pugliese era stata la presidenza del Consiglio dei ministri, che aveva presentato ricorso alla Consulta. Di conseguenza, la Corte costituzionale ha anche dichiarato "cessata" la materia del contendere sulla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 6, lettera 'g', della legge regionale pugliese n. 9 del 30 maggio 2011 (Istituzione dell'Autorità idrica pugliese) - sollevata con altro ricorso sempre dal governo - in cui si stabiliva che il direttore generale dell'Autorità idrica pugliese "predispone lo schema di convenzione diretto a regolare i rapporti tra l'Autorità e il gestore del Servizio idrico integrato, da sottoporre all'approvazione del consiglio direttivo".

Sulla decisione della Suprema Corte si è espresso l'assessore alle Opere Pubbliche Fabiano Amati, primo promotore della legge, il quale si è detto dispiaciuto, anche se consapevole del fatto che "la legge si prestava ad interpretazioni di conformità alla Costituzione quantomeno controverse".

“Resta il fatto - ha sottolinenato poi Fabiani - che il dibattito sviluppatosi in quei mesi ha introdotto nella politica e nella cultura pugliese ed italiana elementi di valutazione di assoluta novità, che sarebbe il caso di valorizzare con un intervento legislativo del Parlamento nazionale, al quale la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto, in via esclusiva, la potestà legislativa.

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