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Fra Altamura e Gravina, prende vita la campagna archeologica del Contemporaneo: sulle tracce del "campo PG 65"

Una piccola équipe di archeologi delle Università di Foggia e di Bari condurrà indagini nella prospettiva di recuperare dati utili per la preservazione e la valorizzazione del luogo, nato agli inizi della Seconda guerra mondiale come luogo di prigionia

Da lunedì 5 a sabato 11 luglio 2021, per la prima volta in Puglia, si svolgerà una campagna di archeologia del Contemporaneo.

Una piccola équipe di archeologi delle Università di Foggia e di Bari condurrà indagini non invasive (interventi di pulizia, rilievo e documentazione) di alcune delle strutture demolite e delle decorazioni degli edifici superstiti dello straordinario sito del campo prigionieri di guerra n. 65, a metà strada fra Altamura e Gravina (Bari). Le attività saranno finalizzate al riconoscimento delle tracce materiali delle diverse fasi di vita del sito, nella prospettiva di recuperare dati utili per la preservazione e la valorizzazione del luogo.

Le indagini saranno condotte su autorizzazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bari, con la collaborazione del Comune di Altamura e il prezioso supporto dell’associazione campo 65.

Il sito, lo ricordiamo, è uno dei contesti più rappresentativi della storia del Novecento, ben oltre i confini regionali. Ubicato a metà strada fra Altamura e Gravina, il campo PG 65 nasce agli inizi della Seconda guerra mondiale come luogo di prigionia destinato a ospitare 12.000 soldati alleati, ma ebbe una vita ben più lunga. Dopo l’8 settembre ’43 fu trasformato in un campo di addestramento per partigiani e successivamente sopravvisse fino agli anni ’60 come centro di raccolta dei profughi dislocati in Italia a seguito delle intricate questioni internazionali esplose alla fine del secondo conflitto mondiale, per poi essere utilizzato per esercitazioni militari fino alla repentina distruzione della quasi totalità delle strutture alla fine degli anni ’80.

Il contesto non è significativo solo per la grande estensione (31 ettari; circa la metà del parco archeologico di Pompei) e per la particolarità dei suoi resti e della loro leggibilità materiale, ma anche perché è protagonista di una eccezionale esperienza di partecipazione, che ne ha fatto luogo simbolo per la storia del Novecento. Intorno al campo si è creata una comunità di patrimonio estesa a tutto il pianeta e a più generazioni, dai discendenti dei prigionieri (canadesi, statunitensi, sudafricani, inglesi, indiani, australiani, neozelandesi solo per citare i gruppi più numerosi) a persone nate nel campo profughi, studenti di scuola e universitari, cittadini dei centri limitrofi, enti amministrativi e di tutela.

Per saperne di più

Giuliano De Felice, Archeologia di un paesaggio contemporaneo. Le guerre del Novecento nella Murgia pugliese, Bari 2020.

Associazione Campo 65, Campo 65, la memoria che resta, Altamura 2021.

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