Lettera ai posteri
" (Prima settimana di quarantena) Uomini liberi siamo nati e da uomini liberi moriremo. Ai posteri. Tutto sembra andare per il meglio qui, ma è solo una impressione, ovviamente. Scrivo dall’interno di una abitazione, dove sono al settimo giorno di quarantena, volontaria, anzi no, obbligata. Ma che differenza c’è? Nessuna. Avrei pensato al buon senso della gente, ma quale buon senso? La situazione è questa: c’è un virus mortale, che si pensava fosse tale solo per gli anziani, ma che in realtà sta colpendo senza distinzioni e sta piegando in due il nostro sistema sanitario. Ormai le strade sono quasi deserte, i vicoli spenti, la gente indossa mascherine sul viso, le città sono spettrali, lo scenario è surreale. Tuttavia, c’è spazio per tutti. Chi fa polemica, chi pensa, chi si fa pubblicità, chi dona, ma non lo dice, chi dona e lo dice, chi fa hashtag sui social, chi non capisce la gravità della situazione, chi la capisce, ma fa finta di niente, chi fa la morale e parte per un viaggio lontano, chi fa la morale, perché provare a fare qualcosa di utile è stancante. Ma che significa utile? C’è chi aspetta il passo falso del governo, per potere fare propaganda politica, c’è chi attende la notizia che annunci la morte di qualche essere umano, di qualsiasi nazionalità per comunicare a chiunque la sua superiorità in merito all’argomento, manco fosse un medico in prima linea e poter urlare al mondo “l’avevo detto”. C’è chi fa l’ipocrita, perché va sempre di moda. C’è chi sputa sullo staff sanitario, mentre è in coda per fare il tampone. C’è chi ruba le mascherine per medici e personale al Policlinico, c’è chi fa articoli da quattro soldi per potere ottenere attenzione, c’è chi lucra sui prodotti sanitari, chi incute paura, chi è fuggito dalle zone rossa prima che tutta l’Italia lo diventasse, incurante delle conseguenze. C’è chi viene fermato ai posti di blocco, perché a suo dire doveva andare a comprarsi dei vestiti. C’è chi fugge dalle carceri, chiedendo l’indulto o l’amnistia, perché aver fatto del male in passato non è abbastanza, perché questa vita perdona tutti, perché la differenza tra bene e male a volte è così labile da essere ignorata. Avrò dimenticato qualcuno? C’è chi fa silenzio, c’è chi attende, chi piange perché questa pandemia gli ha portato via delle persone care, c’è chi giudica, chi punta il dito, c’è chi lavora, rischiando di contagiarsi, perché deve potere mangiare per non far mancare niente alla propria famiglia. A chi vorrebbe farlo, ma non può perché la sua attività è stata chiusa per quindici giorni. Penso ai bambini, che vorrebbero uscire all’aria aperta a giocare, dare due calci a un pallone, andare a scuola, potere ridere e scherzare con i loro amici. Penso a chi studia da casa, penso ai professori, che amano fare il loro lavoro, costretti a insegnare dietro uno schermo. Penso a chi è solo, ai fuori sede, studenti e non, che vorrebbero stare a casa con i loro famigliari, per farsi forza, combattere, ridere e piangere insieme. Penso a chi si ama, a chi si manca, ma per fortuna la distanza separa i corpi, non i cuori. Penso a chi, in questo momento, si ritrova intubato, combattendo tra la vita e la morte. A chi combatte questa guerra, già da prima del COVID-19, ai malati terminali, a chi con la sofferenza e con la paura, ci convive da molto tempo. Penso ai nostri nonni, a chi ha vissuto la guerra, a chi ne ha viste tante, perché loro ci danno forza. Penso all’amore che vorremmo dimostrare, ma non possiamo. Penso alla protezione civile, e ai poliziotti, ai carabinieri, e a tutte le forze armate italiane, impegnate ogni giorno nel controllo del rispetto delle regole, ora più che mai. Penso ai farmacisti, a chi muore in questi giorni, e non può essere salutato e onorato a dovere. C’è spazio per tutti. Sindaci che piangono vedendo le loro città vuote, presidenti delle giunte regionali fare il massimo per proteggerci, artisti, di qualunque genere intrattenere il pubblico al meglio delle loro possibilità, perché l’arte non si ferma mai. Medici, infermieri, e qualunque operante nel settore sanitario vegliano su di noi tutti i giorni, sempre disponibili, in prima linea per lottare, per non farci perdere la speranza, perché loro sono l’esempio da seguire, perché loro sanno, perché sanno che si può battere, perché come qualche film recitava, nessuna causa è persa finché ci sarà un folle a combattere per essa. E se un virus può essere così folle da pensare di poterci battere, noi saremo ancora più folli nel debellarlo. Quando tutto questo finirà, sarà solo grazie al vostro sudore della fronte, e alla forza delle vostre schiene e al coraggio dei vostri e dei nostri cuori, perché ognuno nel nostro piccolo avrà collaborato per sconfiggere questo male. Tutti possiamo fare qualcosa, adesso ognuno è solo con la propria coscienza. Alla fine passerà, come passa un bacio, come passa una bella giornata al mare, come passa un venerdì sera, come passa una cotta. Saremo quello che faremo. Alla fine passerà, e vinceremo. Prima settimana di quarantena. Uomini liberi siamo nati e da uomini liberi moriremo. Ai posteri e alla storia il resto. Alberto Cramarossa "